di Luca Ngoi
Alla fine è successo. Dopo più di un anno di voci, smentite,
litigi, diatribe ecco l’acquisto a cui i Los Angeles Lakers miravano veramente:
Dwight Howard. L’operazione si è svolta in tempo molto minore a quello che si
poteva pensare. Era di ieri pomeriggio infatti la voce che Lakers e Magic si
fossero rimessi attorno al tavolo per parlare della cessione del centro nativo
di Atlanta, e stamattina (orario italiano) è arrivata la conferma a più voci
(LA Times, Denver Post, Yahoo.com) dell’affare fatto.
Contrariamente a quello che molti (noi compresi) potevano
pensare la trattativa si è conclusa su un quadruplo fronte Denver-Los
Angeles-Philadelphia-Orlando muovendo ovviamente un carico di giocatori molto
lungo, dunque cerchiamo di riepilogare brevemente i fatti prima di passare a un
commento finale. Denver si aggiudica l’ala
piccola Andre Iguodala, attualmente impegnato a Londra con Team USA, e lascia
andare in direzione Orlando Arron Afflalo e Al Harrington. I Magic stessi,
oltre ovviamente ad Howard si privano anche di Jason Richardson che raggiunge
Philly insieme ad Andrew Bynum, mentre in Florida oltre ai due ex Nuggets
arrivano l’ex prima scelta dei Sixers Nikola Vucevic e l’attuale prima scelta
Moe Harkless sempre da Philadelphia.
Un giro abbastanza contorto che, forse un po’ a sorpresa,
non vede coinvolto Pau Gasol, che dunque resterà a Los Angeles formando con
Howard una coppia di lunghi impressionante. I Lakers a questo punto si
candidano serissimamente al titolo, potendo contare su un quintetto stellare
formato da Steve Nash in regia, Kobe Bryant come realizzatore principale, Metta
World Peace nel solito ruolo di difensore arcigno e la suddetta coppia di
lunghi con lo spagnolo e DH12, che potenzialmente può andare a comporre un pick
n roll devastante insieme al playmaker canadese. Ma le opzioni tattiche saranno
pressoché infinite con uno starting five di questa qualità tecnica e fisica.
Nonostante ciò però permangono alcuni dubbi, almeno al
sottoscritto. Numero 1: la profondità della panchina, che non vede ancora un
vero e proprio sostituto per Howard, anche se il mercato è ancora lungo e
sicuramente qualcosa sarà fatto per ampliare anche il reparto esterni che
necessita di un cambio più credibile di Steve Blake nel ruolo di playmaker. Numero
2: l’intenzione di coach Brown di impostare un sistema d’attacco sul modello
Princeton Offense, che prevede in sostanza tanti tagli backdoor e dei lunghi in
grado di passare la palla ottimamente e al tempo stesso di giocare svariati
minuti lontano da canestro. Probabile che nelle visioni dell’ex tecnico dei
Cavs questo ruolo sarà ricoperto da Gasol, che è esattamente quel tipo di
giocatore, ma con una squadra così piena di talento sarà realmente il caso di
giocare un sistema così rigido e standardizzato? Visti gli ultimi acquisti
potrebbe essere che Mike Brown si sia ricreduto, e che non andrà ad attingere a
piene mani dal sistema inventato tanti anni fa da coach Pete Carril, ma una
cosa è sicura, Princeton o non Princeton: il palazzo giallo viola sarà pieno
dal primo all’ultimo giorno, con buona pace dei signori Buss.
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