venerdì 29 giugno 2012

Davis prima scelta in un Draft da ricordare

di Luca Ngoi


Nella cornice del Prudential Center di Newark, New Jersey si è tenuto come di consueto il Draft NBA 2012, che potrebbe essere ricordato come uno dei più profondi e clamorosi degli ultimi anni o uno dei più deludenti nel caso in cui i giocatori scelti non dovessero confermare le loro potenzialità.
Se la prima scelta dei New Orleans Hornets era da mesi scontata, dunque Anthony Davis conosceva già la propria destinazione dalla 2 in giù si poteva solo ipotizzare, ma di certezze erano comunque poche. I Bobcats, in particolare, possessori della seconda scelta, erano stati protagonisti di una miriade di voci nelle ore immediatamente precedenti la lotteria, con Houston e Cleveland molto interessati nella loro pick. Alla fine la franchigia di proprietà di MJ si è orientata sul secondo giocatore in uscita da Kentucky, Michael Kidd-Gilchrist, che dunque avrà l’oneroso compito di iniziare l’opera di rifondazione in Carolina. Nonostante tutto però ci sono ancora alcuni dubbi in quanto il giorno prima del draft Charlotte aveva acquisito la guardia Ben Gordon e dunque bisognerà vedere quale sarà il reale assetto della squadra con due giocatori a combattere sostanzialmente per lo stesso posto, anche se non è improbabile un loro impiego in contemporanea.
Poche sorprese anche con la terza scelta di Washington, la guardia da Florida Bradley Beal mentre qualche perplessità l’ha destata Cleveland con la numero 4, spesa per chiamare Dion Waiters da Syracuse. Sicuramente un giocatore solido e forse già pronto adesso a giocare in NBA, ma probabilmente non così talentuoso da giustificare una chiamata così in alto. La coppia con Kyrie Irving resta comunque interessante, viste le buone attitudini difensive del prodotto da Syracuse.
Non ha sorpreso nemmeno la scelta di Sacramento, che ha puntato su Thomas Robinson da Kansas, garantendo il lieto fine alla storia più toccante di tutto questo ultimo Draft. L’ala ex Jayhawks andrà adesso a comporre un’ottima coppia di lunghi con Demarcus Cousins, due giocatori complementari e perfettamente in grado di giocare insieme.
A Portland invece servivano una guardia e un lungo, quindi con la loro scelta numero 6 hanno puntato sul realizzatore da Weber State Damian Lillard, giocatore dalle qualità offensive privatissime, che sa segnare in ogni modo possibile, attaccare il ferro e guidare una squadra vista la leadership mostrata in tre anni al college (forse anche per l’assenza di alternative). Sarà lui il playmaker titolare, mentre dovrà combattere un po’ di più per scendere in campo la scelta numero 11, Meyers Leonard da Illinois, che partirà presumibilmente dalla panchina ma assieme ad un maestro del ruolo come Lamarcus Aldridge potrà imparare tanto e probabilmente giocare al suo fianco aggiungendo un buon contributo difensivo alla squadra.
Ha scelto il talento Golden State, puntando sull’ex Tar Heel Harrison Barnes, che andrà dunque a formare un reparto di esterni interessante come pochi con Stephen Curry e Klay Thompson; i tre giocatori potranno giocare insieme e, almeno offensivamente, i problemi dei Warriors dovrebbero essere finiti. Restano dubbi a livello difensivo e di attributi per il prodotto di coach Roy Williams, ma di sicuro nella Baia quest’anno non si dovrebbero annoiare.
La seconda sopresa del primo giro è stato Terrence Ross, scelto alla numero 8 da Toronto, che ha destato qualche dubbio non tanto per il talento, indubbio, del giocatore ma più che altro perché per le caratteristiche che porta potrebbe essere un doppione del già presente Demar Derozan. Guardia atletica, che sa segnare in più modi e applicarsi in difesa. Ai Raptors comunque serviva un giocatore in grado di segnare punti e l’obiettivo è stato raggiunto.
Con la numero 9 Detroit ha scelto di completare il proprio reparto lunghi con Andre Drummond, centro super atletico da Connecticut ma che proprio per questo desta qualche dubbio a livello offensivo, dove è reduce da una stagione a fari spenti ma che comunque non cancella le doti più che visibili. Avrà bisogno di crescere, ma a livello di big men e di centimetri i Pistons hanno già posto le basi per il futuro con una delle coppie più interessanti a livello assoluto assieme a Greg Monroe.
Alla decima scelta erano ancora “on the clock” gli Hornets, che una volta scelto Davis dovevano puntellare lo spot di playmaker e hanno puntato su Austin Rivers, figlio di Doc. Il talento è indiscusso, ma ci permettiamo di dubitare sulle doti da playmaker, ruolo per il quale forse non è ancora pronto, ma anche per imparare le attitudini ci sarà tempo. Di sicuro, dovesse rimanere Eric Gordon, i due e Anthony Davis sono un bel trio da cui ripartire.
Protagonisti indiscussi della serata comunque sono stati gli Houston Rockets, che erano riusciti ad accumulare ben tre scelte (la 12, la 16 e la 18) con le quali hanno chiamato nell’ordine Jeremy Lamb, guardia che potrebbe portare allo scambio di Kevin Martin, Royce White, giocatore completo e in grado di fare qualsiasi cosa su un campo da basket che può partire dalla panchina per spaccare le partite e Terrence Jones, ala dal talento indiscusso ma che dovrà ritagliarsi un ruolo preciso in NBA viste le qualità fin troppo da all aro under.
A Phoenix ci si prepara all’addio di Steve Nash (c’è il forte interesse di Toronto) attraverso la scelta del playmaker più vero e vecchio stampo dell’intero lotto: Kendall Marshall, che nel caso il canadese dovesse rimanere potrebbe migliorare esponenzialmente già al suo primo anno, mentre nel caso in cui il numero 13 dovesse partire sarebbe già pronto a prendere in mano la squadra e a ispirare i compagni con i suoi passaggi sartoriali e le sue invenzioni sui 28 metri.
A Milwaukee, vista la presenza di Jennings e Ellis nel back court serviva un lungo e allora si è puntato su quello che probabilmente è il miglior intimidatore del Draft dopo Davis: John Henson, buona scelta nonostante il fisico non propriamente statuario ma che migliorerà già nella off season dopo la quale sarà pronto a contribuire visti i miglioramenti evidenti nella completezza del suo arsenale offensivo.
Passata un po’ sotto silenzio la scelta di Philadelphia, che ha chiamato Mo Harkless, giocatore dall’atletismo impressionante ma dalle buone doti offensive, pur senza un tiro dalla lunga anche minimamente decente. Si è parlato di un addio di Iguodala e allora ecco che i Sixers si sono cautelati con questa scelta che andrà a comporre un quadro di grandi atleti insieme a Thaddeus Young ed Evan Turner.
La scelta numero 17 di Dallas è stata soggetta ad uno scambio con Cleveland, che ha ceduto le sue 24, 33 e 34 in cambio di quello che poi è risultato essere Tyler Zeller, centro da Carolina solidissimo e che avrà la sua carriera sicura in NBA per anni a venire. Può contribuire da subito e vista l’estrema intelligenza cestistica potrà essere un buon partner per Kyrie Irving.
Scelta interessante alla 19 per Orlando, che ha chiamato Andrew Nicholson da St.Bonaventure, ala dal grande atletismo ma comunque in grado di attaccare in diversi modi, anche con un discreto tiro da 3. Le doti difensive sono indiscusse, e anche nel caso Howard dovesse partire i Magic avranno una buona coppia di ali da cui ripartire in lui ed Earl Clark.
L’unico giocatore europeo del primo giro è stato scelto dai Denver Nuggets, che hanno puntato su Evan Fournier, guardia francese che ha passato l’ultima stagione a Poitiers e che ha convinto tutti gli scout all’Euro Camp di Treviso per le qualità offensive ma anche le doti da playmaker puro, specialità nella quale è molto migliorato rispetto allo scorso anno. Con la partenza di Andre Miller all’orizzonte i Nuggets trovano un giocatore diverso ma comunque in grado di sostituire Ty Lawson e ugualmente di giocare al suo fianco.
Le due scelte di Boston sono state molto interessanti: Danny Ainge infatti ha chiamato due centri, con la 21 Jared Sullinger, che in quella zona potrebbe risultare a lungo andare una delle steals di questo Draft viste la tecnica, la capacità di giocare in post basso in modo credibile e le doti di passatore, anche se l’atletismo non è contemplato e permangono i dubbi fisici legati alla schiena. Con la 22 invece si è virato su un altro pivot ma totalmente diverso rispetto all’ex Ohio State, come Fab Melo, brasiliano tutto atletismo e intimidazione, scelta a lungo termine se ce n’è una ma se Kevin Garnett dovesse rimanere i due ragazzi avranno il miglior insegnante da cui imparare.
Atlanta ha deciso invece di chiamare John Jenkins, forse il miglior tiratore del lotto insieme a Bradley Beal, esce dai blocchi in maniera favolosa ma sa contribuire in tanti modi a livello offensivo. Joe Johnson è indiscutibile nel ruolo, ma un vero e proprio cambio affidabile mancava e il ragazzo da Vanderbilt aiuterà molto quando serviranno punti rapidi dalla panchina. Attenti anche a lui per una possibile steal.
A questo punto in virtù dello scambio citato prima alla 24 chiamava Dallas, che alla 24 si è aggiudicata la guardia Jared Cunningham, il quale avrà il difficile compito di sostituire Jason Terry, molto probabilmente in partenza. Anche per lui le doti offensive sono indiscusse e indiscutibili, mentre si può sospettare sull’effettiva efficienza del ragazzo da Oregon State, che segna tanto se può tirare tanto, ovviamente cosa impensabile nella squadra di Dirk Nowitzki. Sarà interessante vedere che impatto potrà effettivamente avere.
A Memphis serviva invece un sostituto di Mike Conley e allora ecco giustificata la chiamata di Tony Wroten da Washington. Cugino di Nate Robinson, dal quale sembra aver ereditato le estreme capacità atletiche. Non è da disprezzare nemmeno come passatore creativo, dà il meglio di sé ovviamente in campo aperto ma è tutto da scoprire e da inventare a metà campo.
Per Indiana invece la priorità era un lungo. Alla 26 non si poteva puntare a un talento indiscusso e allora ci si è accontentati di Miles Plumlee, giocatore solido da Duke. Bianco ma non per questo senza atletismo, al quale comunque abbina una buona applicazione difensiva. Partirà dalla panchina, ma sicuramente sarà in rotazione costantemente.
Alla 27esima scelta Miami ha effettuato uno scambio, cedendo questa scelta a Philadelphia  in cambio di una prima scelta futura. Il giocatore selezionato si è rivelato essere Arnett Moultrie, ala da Mississippi State molto completo. Vista la selezione di Mo Harkless alla prima 15 è una chiamata che ha senso perché ai Sixers arrivano due giocatori con tante potenzialità ma comunque in grado di scendere in campo da subito.
Con la 28 i Thunder hanno scelto un giocatore che potrebbe rivelarsi una steal clamorosa oppure una delusione a seconda del ruolo che Scott Brooks (o il prossimo coach che sceglieranno) gli assegnerà. Perry Jones infatti è stato snobbato da tutti nonostante un talento abbacinante, nonostante sia un atleta di livello assoluto e capisca discretamente il gioco. I dubbi sono soprattutto sul carattere, ma i Thunder e Sam Presti hanno puntato su di lui, in grado di giocare e marcare più ruoli. Si esalta in campo aperto e allora quale migliore squadra e quale miglior partner di Russell Westbrook?
 A proposito di playmaker alla penultima chiamata i Chicago Bulls hanno optato per Marquis Teague, fratello del Jeff che gioca ad Atlanta e per molti migliore di lui sia ora sia tra qualche anno. Il compito di sostituire Derrick Rose non sarà facile, ma con un allenatore come Thibodeau potrà migliorare tantissimo e con il già presente talento nella metà campo offensiva i Bulls possono compiere un salto di qualità rispetto ai vari Lucas e Pargo.
L’ultima scelta spettava ai Golden State Warriors, da sempre bisognosi di un corpo da schierare nella posizione di centro. Proprio questo i californiani hanno chiamato il nigeriano Festus Ezeli da Vanderbilt, altro grande atleta molto migliorato nell’ultimo anno nelle movenze offensive, anche se c’è ancora tantissimo da lavorare. Partirà dalla panchina e potrà imparare da David Lee.
Nomi importanti apparivano anche nel secondo giro, tra i quali potrebbero annidarsi altre possibili sorprese, tra le quali segnaliamo in particolare Quincy Miller alla 38 chiamato da Denver, Jeff Taylor alla 31 chiamato da Charlotte e Kris Joseph alla 51 da Boston.
In generale questo draft è stato davvero pieno di talento di diverse nature, ma comunque profondissimo e come abbiamo detto anche nel secondo giro si è potuto scegliere tra giocatori dalle ottime qualità e in grado di giocare anche da subito al piano di sopra. Le risposte vere e proprie ce le darà solo il campo, e il primo step per questi ragazzi sarà la Summer League di Las Vegas, in programma tra qualche settimana e in cui potranno far vedere di che pasta sono fatti.

giovedì 28 giugno 2012

Mega trade tra Milwaukee e Houston, si muove anche Charlotte

di Luca Ngoi


Come di consueto nelle ore precedenti il draft molte squadre ne approfittano per cercare di scalare la lotteria e nello stesso tempo acquisire qualche giocatore che possa fare comodo. Le prime franchigie ad ufficializzare un affare sono state Houston e Milwaukee, che hanno orchestrato uno scambio per il quale ai Bucks sono arrivati il centro Samuel Dalembert (peraltro autore di una buona stagione in Texas) e la scelta numero 14 in cambio di Shaun Livingston, Jon Brockman,  Jon Leuer (questi ultimi sono state le ultime due scelte al draft di Milwaukee, segno che probabilmente si poteva scegliere meglio) e la dodicesima scelta. Lo scambio è apparentemente equo, ma tutto ovviamente dipenderà dalle scelte che le due squadre effettueranno stanotte, ma la cosa sicura è che non sarà assolutamente facile scegliere in una zona di primo giro molto affollata e in cui il confine tra colpo di genio e fregatura è quasi inesistente.


Passiamo a Charlotte, che è riuscita a liberarsi dell'oneroso contratto di Corey Maggette, eterno incompiuto del mondo NBA, per arrivare alla guardia Ben Gordon, reduce da un paio d'anni non esattamente esaltanti a Detroit e in cerca di riscatto in una squadra in estrema difficoltà. Nello scambio è coinvolta anche una prima scelta futura di Detroit che dunque passa ai Bobcats, i quali a questo punto molto difficilmente punteranno su una guardia con la loro scelta numero 2. In calo dunque le quotazioni di giocatori come Kidd-Gilchrist e Beal per quel posto, mentre riprende piede il nome di Thomas Robinson, soprattutto viste le voci degli ultimi giorni che vedevano come possibile partente dalla Carolina anche il lungo Tyrus Thomas. 
Queste trades sono già state formalizzate, ma da qui a stanotte possiamo ancora aspettarci di tutto, tra squadre che vorranno acquisire scelte alte e altre che sono pronte a cederle per incamerare giocatori pronti da subito. Anche questa è la magia del draft.

martedì 26 giugno 2012

Virtus, ecco il rinnovo di Poeta, Varese sul Cincia

di Luca Ngoi


In attesa dei grandi colpi delle big (a Siena ancora soltanto voci) le due più grandi protagoniste del mercato italiano sono senza dubbio la Virtus Bologna e la Cimberio Varese.
Partiamo dagli emiliani, che dopo un lungo tira e molla sono riusciti a rinnovare il contratto al playmaker campano Giuseppe Poeta, il quale ha accettato un prolungamento di tre anni con il club bianconero, ovviamente molto felice come confermano le parole del patron Sabatini: "Sono entusiasta, per noi è una giornata molto importante. Siamo ben felici di consolidare il nostro rapporto con Peppe Poeta che era il nostro primo obiettivo" . D'ora in poi si penserà al resto della squadra, con l'attenzione puntata sulla guardia americana (Janning in pole) e con un'indiscrezione riguardante Mason Rocca, nuovo obiettivo per il settore lunghi.
Per quanto riguarda Varese, dopo la firma con Ebi Ere, continuano le trattative per portare in Lombardia Brandon Bowman, ala che guarda caso interesserebbe anche ai virtussini. La priorità comunque resta la firma dell'americano, dopo il quale ci si concentrerà sul playmaker con un forte interesse per Andrea Cinciarini, che non ha ancora chiarito le proprie priorità con Cantù, che potrebbe scegliere di preferirgli Tabu come playmaker cardine. Da lì in poi si ragionerà per un'eventuale conferma di Rannikko e per gli altri reparti in base alle regole che definiscono la situazione comunitari ed extra comunitari del nostro campionato.

Trade tra Minnesota e Houston. Dwight Howard all'orizzonte?


di Claudio Pavesi
Budinger con la sua ormai ex squadra
Photo by Streeter Lecka / Getty Images

Come sempre succede quando ci si avvicina al Draft, le franchigie sono sempre più attive sul mercato. Una dimostrazione di ciò ce la offrono gli Houston Rockets e i Minnesota Timberwolves, la squadra di Kevin Love ha infatti deciso di privarsi della diciottesima scelta al Draft in cambio dell'ala piccola/guardia Chase Budinger e di Lior Eliyahu, il cestita del Maccabi Tel-Aviv che quest'anno farà la Summer League con la sua nuova squadra NBA.
Minnesota ha guadagnato un ottimo atleta e un buon tiratore, Budinger infatti ha raggiunto il 40% al tiro dall'arco dei 3 punti nell'ultima stagione, annata in cui ha tenuto una media di 9.6 punti, 3.8 rimbalzi e 1.3 assist; Houston invece si è assicurata le sua terza scelta al primo giro, ora possiede la numero 14, la 16 e 18 e la sensazione è quella che i Rockets stiano pensando di fare una grande trade dato che, dopo aver preso la terza scelta nelle prime 20, hanno dichiarato di aver messo sul mercato Kyle Lowry e Kevin Martin, nientemeno che il playmaker e la guardia titolare: che l'obbiettivo finale sia Dwight Howard? Per ora quest'ultima considerazione è solo un'ipotesi ma le voci che condividono quest'idea non sono poche. Sarà vero? Sarà l'ennesimo capitolo di fantamercato? Per ora nulla è certo ma lo scopriremo presto.

I Bobcats cambiano look... e anche allenatore


di Claudio Pavesi
Kemba Walker, Gerald Henderson e Bismack Biyombo con le nuove maglie.
In alto a sinistra uno dei tre nuovi loghi.
Photo by news.sportslogos.net

Quando le persone si trovano in un momento di crisi e necessitano un nuovo inizio spesso il primo passo verso la redenzione consiste in un cambiamento di look: un taglio di capelli nuovo o uno stile nel vestirsi molto differente da quello a cui erano abituati. L'NBA non è molto diversa da queste persone, anche tra questi grandi professionisti il nuovo punto di partenza per un futuro radioso può essere proprio il look e chi ha bisogno di un cambiamento radicale quanto gli Charlotte Bobcats?
Charlotte viene dalla stagione più disastrosa della storia della NBA (non male come biglietto da visita), un anno da 7 vittorie e 59 sconfitte che rende i Bobcats la squadra con la percentuale di vittorie più bassa di sempre, solo il 10%, così l'organizzazione ha pensato di dare una rivoluzionata all'immagine: sono stati leggermente modificati i loghi e sono stati cambiati i colori sociali preferendo il blu scuro, già molto usato in NBA, associato al cosiddetto Carolina Blue e cioè l'azzurro reso famoso dall'università del North Carolina, proprio nello stesso stato dei Bobcats.
Le maglie sono state cambiate non solo nei colori ma anche nello stile, abbandonate definitivamente quindi le maglie che avevano solo dal 2009 che erano però la copia di quelle degli Orlando Magic con colori diversi anche se quelle di quest'anno, a mio personale avviso, hanno il difetto di essere di un colore già usatissimo in NBA e cioè il blu scuro, decisamente troppo usato tra le franchigie.

Il nuovo coach Mike Dunlap durante la sua presentazione
Photo by soraspy.com
Non solo un cambiamento di look per la franchigia di Michael Jordan ma anche un passaggio di consegne al comando, dopo Silas infatti sarà compito di Mike Dunlap cercare di far risorgere le "Linci", il suo nome può non essere molto noto ma nell'ambiente cestistico è molto rispettato, soprattutto per l'etica del lavoro e del gruppo dimostrata come assistente in NBA nei Denver Nuggets dal 2006 al 2008 e per il resto della sua carriera in giro per l'NCAA. E' proprio nell'NCAA che è riuscito a dare il massimo, in particolar modo nell'ultima stagione a St. John's in cui, dopo essere stato assistente, ha compiuto un ottimo lavoro come capo allenatore ad interim.

venerdì 22 giugno 2012

Il Re si prende la corona, Miami vince il secondo titolo NBA della sua storia


di Claudio Pavesi
La soddisfazione di LeBron con il Larry O'Brien Trophy in mano e la felicità
di Spoelstra, molto giovanile con il cappellino al contrario.
Photo by Getty Images

Miami si gioca il primo match point in casa, l'opportunità per LeBron James di vincere il primo titolo in carriera ma Kevin Durant e compagni vogliono tornare a Oklahoma City almeno per un'altra partita. James inoltre ha chiuso gara 4 dolorante per un crampo, almeno così ha detto Spoelstra, ma sarà davvero solo un crampo? Riuscirà LBJ a prendersi la squadra sulle spalle come ha fatto per tutti i Playoffs? Andiamo a scoprirlo.
In apertura di partita James conferma di essere al 100% della sua condizione fisica schiacciando in entrata i primi due punti della partita, i tifosi degli Heat tirano un sospiro di sollievo. Il primo quarto prosegue con i Thunder che provano a restare in partita ma con difficoltà, difensivamente infatti non riescono ad adeguarsi alla circolazione di palla degli Heat: i raddoppi sono lenti ad arrivare, i lunghi come Perkins e Ibaka spesso si fanno battere dal palleggio con troppa facilità e le rotazione sugli esterni sono di basso livello o, peggio, talvolta assenti come dimostrano le due triple consecutive di Mike Miller in chiusura di quarto e i cinque assist di Chalmers nei primi dodici minuti di gioco. Il primo parziale si chiude sul 31-26 per gli Heat grazie anche all'apporto istantaneo dei giocatori della panchina degli Heat come Norris Cole ma ancora più fondamentale è stata la precisione degli Heat dall'arco, il 38% dei punti di Miami nel quarto arriva proprio dalla lunga distanza.
Gli Heat al gran completo con tanto di Pat Riley e presidente
Photo by NBA.com
Nel secondo quarto OKC dimostra di non riuscire proprio ad adeguarsi al gioco di Miami, le rotazioni difensive infatti sono disorganizzate e gli accoppiamenti difensivi sono poco azzeccati e ne approfittano i lunghi, soprattutto Bosh il quale spesso si ritrova accoppiato con i piccoli dei Thunder, talvolta anche con Fisher. OKC, tenta in ogni modo di fermare l'emorragia affidandosi anche ad un paio di simulazioni davvero vergognose di James Harden ma nemmeno questo può fermare gli Heat che in meno di otto minuti mettono a segno un parziale di 22-10 guidato dai canestri di Wade e Mike Miller, canestri che portano la squadra di casa sul +17. Perfetta invece la difesa a centro area dei Miami Heat, i giocatori di casa rendono difficile ogni ricezione e, sfruttando posizioni perfette, chiudono gli spazi per le penetrazioni avversarie procuradosi anche parecchi sfondamenti. La fortuna comunque non assiste i Thunder, molti tiri infatti sono degli in-and-out, tiri che in gara 1 e, a lunghi tratti anche in gara 4, sembravano entrare tutti. Un sussulto di Kevin Durant permette ai Thunder di chiudere la prima metà di gara "solo" a -10 sul 59-49, un vero affare per OKC considerando come stava giocando; decisivi per Miami i 15 punti di James e i 12 di Mike Miller con 4/4 da tre punti. L'immagine simbolo di questa partita la regala in chiusura Shane Battier che in entrata batte in palleggio Kevin Durant e glisegna in faccia, segno che, per quanto OKC ci provi, gli Heat sono sempre un passo avanti a loro.
Nei primi cinque minuti terzo periodo i Thunder sembrano rivoluzionati e, guidati da Durant e Ibaka, raggiungono anche il -7 salvo poi però cedere sotto i colpi di LeBron James e compagni, questi ultimi infatti, in quattro minuti, infilano un parziale di 19-1 che porta la partita ad un inesorabile +25 per gli Heat. Il trio Bosh-Wade-James è inarrestabile mentre per i Thunder sembra crederci solo Fisher, l'unico con la personalità per opporsi agli attacchi di James contro il quale infatti commette anche un duro fallo, sanzionato con un flagrant foul di livello 1, per cercare di dare una scossa ai suoi compagni di squadra, un messaggio che però non sembra essere stato recepito. La difesa di Miami continua a lavorare sodo, in particolar modo Wade e James non perdono l'occasione per imporre il loro superiorità stoppando più volte Westbrook ma anche Durant e Sefolosha, con queste giocate affossano definitavamente il morale dei Thunder, ormai con le spalle al muro qunado, alla fine del quarto periodo, si ritrovano in svantaggio 71-95. LeBron aggiunge alle stoppate anche 19 punti, 7 rimbalzi e 11 assist, una prestazione per il momento imperiale che manda in visibilio il pubblico dell'American Airlines Arena che invece è ritenuto storicamente piuttosto silenzioso.
LeBron riceve da Bill Russell il premio di MVP
delle Finali a lui intitolato
Photo by Getty Images
Nel quarto periodo il trend non cambia, Wade continua a stoppare chiunque e ad attaccare il ferro con decisione (20 punti e 8 rimbalzi alla fine per Flash) mentre Mike Miller continua a mettere a segno le sue triple, quest'ultimo chiuderà con 23 punti tirando un'incredibile 7/8 dalla lunga distanza. LeBron James si dimostra dominante anche nell'ultimo quarto riuscendo a realizzare la tripla doppia da 26 punti, 11 rimbalzi e 13 assist, è la sua prima tripla doppia della stagione, inoltre, la realizzazione di quest'ultima a tre minuti dalla fine sul 118-96 è il segnale che la partita è ufficialmente chiusa e quindi è il momento di mettere in campo le riserve. La festa anticipata comincia sul viso di Bosh, Wade e LeBron prima ancora che in panchina mentre gli ultimi minuti di basket giocato sono una degna passerella per i veterani come Juwan Howard, arrivato finalmente al primo titolo della sua carriera a 38 anni. La sirena finale arriva in fretta, il tabellone dice 121-106 per Miami, è tempo di festeggiamenti per il secondo titolo della storia degli Heat, il primo di LeBron James.
Miami è stata quasi perfetta stasera, difensivamente rapida e cattiva, mentre in attacco è stata precisa e veloce, con un'ottima circolazione di palla. OKC non è sembrata quasi mai in partita, è sembrata impacciata e imprecisa, come spaventata dall'atteggiamento degli Heat, colpevole sicuramente coach Brooks, lento nel sostituire i giocatori che più stavano deludendo e nell'escogitare gli aggiustamenti. Miami segna 14 triple di squadra pareggiando il record NBA delle finali dei Rockets e dei Magic del 1995, Miami è anche l'unica squadra della storia ad aver vinto un titolo dopo essere stati sotto in 3 serie diverse; Oklahoma City invece perde per la prima volta in stagione 4 partite consecutive.
Durant in lacrime tra le braccia della madre e del fratello,
la sensazione è quella chequesta non sarà l'unica finale del 35
Photo by Bleacher Report
La festa è già scoppiata in tutta Miami quando LeBron riceve il premio di MVP delle Finals, un premio meritato considerando la sua media da 28.6 punti, 10.2 rimbalzi e 7.4 assist. Da ricordare le parole di Pat Riley, da sempre una persona incredibilmente moderata che però, arrivato ai microfoni, apre il discorso con "Is it ok if we have a party tonight?". Qualcosa da ricordare e infatti, prorprio come diceva lo spot di LeBron James, "We are all witnesses".

Miami Heat - Oklahoma City Thunder 121-106 (31-26; 59-49; 95-71; 121-106)
Miami Heat: James 26, Bosh 24, Miller 23, Wade 20, Battier 11, Chalmers 10, Cole 3, Harris 3, Haslem 1, Jones, Howard, Turiaf.
Oklahoma City Thunder: Durant 32, Westbrook 19, Harden 19, Fisher 11, Ibaka 9, Ivey 6, Perkins 2, Collison 2, Cook 2, Aldrich 2, Hayward 2, Sefolosha.

giovedì 21 giugno 2012

Colpo di Torino, Pillastrini è il nuovo coach, tutti i rumors di inizio mercato

di Luca Ngoi


Tanti i rumours e le voci in questi inizio di mercato. Ancora poche le ufficializzazioni ma i general manager di tutta Italia sono da giorni al lavoro per costruire le loro nuove squadre. Tra questi è stato Julio Trovato, dirigente della PMS Torino (compagna di DNA di Pavia) ad effettuare il primo colpo per la panchina firmando Stefano Pillastrini e strappandolo alla concorrenza di Casale in Legadue e affermando la volontà di costruire una vera e propria corazzata che punti alla promozione diretta.
Per la prossima notizia trasferiamoci in Serie A, dove prendono vita le strategie di Varese, che sta per ufficializzare l'ingaggio dell'ex Caserta Ebi Ere e che si sta facendo sotto per l'ala Brandon Bowman, già passato per il campionato italiano alla sua prima esperienza fuori da Georgetown quando giocò anche molto bene con Novara in Legadue. L'obiettivo di Vitucci sarebbe in primis quello di sostituire Diawara, nella lista dei partenti, ma anche di poter creare una squadra molto atletica e duttile a partire dagli esterni, elemento fondamentale nello scacchiere tattico del coach ex Avellino. Una volta raggiunto l'accordo con Bowman si potrà arrivare a parlare dei lunghi, dove le idee non sono ancora chiare e per i quali si fanno diversi nomi, compresa la conferma di Talts, che resterebbe nel caso si puntasse su due lunghi atipici e in grado di tirare anche da fuori per cui si andrebbe poi a creare una rotazione a tre giocatori ma in grado di ricoprire più ruoli.
Rimaniamo in Serie A e continuiamo a parlare di scelte per la panchina, con Montegranaro alle prese con il problema Giorgio Valli. Tra le parti si è svolto martedì un incontro che in teoria avrebbe dovuto essere una pura formalità in vista del successivo rinnovo, e invece coach e dirigenza si sono trovati in netta divergenza per due fondamentali motivi: il primo è quello economico, vista la volontà di abbassare i costi generali, tra i quali ovviamente anche l'ingaggio del coach e il secondo (legato al primo) è il conseguente abbassamento del budget per il mercato. L'ex allenatore di Ferrara avrebbe sorvolerebbe anche sulla questione ingaggio a condizione che si possa costruire una squadra in grado di salvarsi senza problemi. Per questo obiettivo l'intenzione sarebbe quella di confermare sia Valerio Mazzola sia Fabio Di Bella, il quale però ha (anche qui) un ingaggio troppo alto, insostenibile per i nuovi parametri della dirigenza marchigiana. Valli si è preso ancora qualche giorno per pensarci, ma tutti i segnali fanno pensare ad un allontanamento definitivo.
Torniamo a parlare di giocatori per spiegare la situazione legata alla prossima guardia della Virtus Bologna, che dopo aver sondato gli umori dell'ex Casale Matt Janning, con il quale però la trattativa pare andare verso un progressivo raffreddamento, sembra voler virare su Andy Rautins (nei radar anche di Varese prima dell'arrivo di Ere), classico tiratore bianco da Syracuse e scelto anche in NBA dai New York Knicks nello stesso Draft di Gallinari e reduce da una stagione da 7.1 punti di media con il 33.7 percento da 3 in ACB ad Alicante. Nello stesso tempo si cerca sempre di convincere Poeta a restare, anche se le distanze sembrano ancora molto ampie.
Continua anche il mercato di Milano, che dopo aver acquisito Richard Hendrix compie la prima operazione in uscita mandando il classe '91 Leon Radosevic in prestito al Lietuvos Rytas, dove potrà giocare con molta più continuità rispetto all'Olimpia, che dall'altro canto pare orientata a trattenere Ioannis Bourousis ancora per un altro anno viste le positive prove in finale contro Siena.
Chiudiamo con una notizia legata indirettamente anche alla Pallacanestro Pavia, visto che è di queste ore l'interessamento della Fortitudo Bologna per Riccardo Pederzini, il quale ha giocato la Summer League di Imola proprio con la casacca biancoblu e che ha fatto una buona impressione allo staff della Effe, che comunque dovrà prima decidere il nuovo allenatore (Cavina il favorito, ma si potrebbe virare sulla sorpresa Gennaro Di Carlo, ex Sant'Antimo) e poi muoversi per il vero e proprio mercato.

Scambio tra Washington e New Orleans in vista del Draft


di Claudio Pavesi
La coppia Okafor-Ariza continuerà a esistere ma lontano dalla Louisiana
Photo by www.faniq.com

Il Draft è sempre più vicino e alcune delle squadre che si preannunciano protagoniste nella notte del 28 Giugno si stanno già portando avanti con i loro progetti in vista della prossima stagione.
Le prime squadre a intraprendere uno scambio sono state i New Orleans Hornets e i Washington Wizards, i primi infatti hanno deciso di liberarsi di Emeka Okafor e Trevor Ariza i quali prenderanno la via della capitale in cambio di Rashard Lewis e la scelta numero 46 al Draft del 28 Giugno. Okafor e Ariza sono due discreti giocatori di basket e due specialisti difensivi, il primo ha chiuso la stagione con 10 punti, 8 rimbalzi e 1 stoppata di media in 28 minuti di utilizzo a gara, l'ex Rockets e Lakers invece ha portato alla causa 9 punti, 4.5 rimbalzi, 2 assist e 1.3 rubate a sera mentre Lewis ha segnato 7.8 punti di media catturando 4 rimbalzi in sole 28 partite a causa di ripetuti infortuni.
Per Lewis gli Hornets sono la
quarta squadra in carriera.
Photo by Getty Images 
Facilmente comprensibili le idee delle due squadre, New Orleans si libera di due contratti discretamenti pesanti e pluriennali prendendosi uno dei contratti più pesanti in tutta la NBA che però scadrà l'anno prossimo, inoltre la cessione di Okafor è pensata proprio a creare spazio nella rotazione per l'arrivo di Anthony Davis al Draft mentre Ariza era il prezzo da pagare per poter rendere possibile lo scambio considerando il contratto faraonico di Lewis. Washington in questo modo si libera di un giocatore prssoché inutile per il suo gioco e trova due grandi difensori: uno come Ariza, in grado di marcare chiunque, e un lungo puro in Okafor, il vero intimidatore d'area, stoppatore e rimbalzista che mancava ai Wizards, quest'ultimo infatti prenderà il posto in rotazione di Blatche che al 90% sarà tagliato da qui a pochi giorni.

mercoledì 20 giugno 2012

Miami sul 3-1 ad un passo dal titolo, ma che paura per LeBron


di Claudio Pavesi
Mario Chalmers con il suo pubblico sullo sfondo, è lui l'eroe di giornata
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Gara 4 ancora a Miami, per i Thunder è come una gara 7 perchè nessuno ha mai rimontato uno svantaggio di 3 gare a 1, la più classica situazione da "do or die" come direbbero gli americani. Le parole servono a poco, serve giocare quindi corriamo all'interno dell'American Airlines Arena e prepariamoci alla palla a due.
Il primo quarto si può riassumere con tre lettere: OKC. I Thunder cominciano con le marce altissime, dopo quattro minuti si ritrovano sul 13 a 3 e sembra solo l'inizio, i minuti passano e tutti sembrano essere in serata come dimostra il fatto che anche i grandi difensori della squadra, Sefolosha e Collison,  vanno più volte a segno meravigliando non poco il pubblico e la panchina di Miami. Oklahoma City tocca anche il +17 ma chiude il quarto 33-19 tirando con il 63,5% con Durant da 8 punti ma la vera chiave di questo inizio è Westbrook, 10 infatti sono i suoi punti anche se ciò che più colpisce è l'onnipotenza offensiva del numero 0, davvero inarrestabile soprattutto nel tiro dalla media distanza.
Prima dell'inizio del secondo quarto Pat Riley viene onorato del Chuck Daly Lifetime Achievement Award, un premio dell'associazione allenatori della NBA che premia lo "standard di integrità, l'eccellenza nella competitività e il continuo miglioramento e promozione della pallacanestro", un premio importante perchè dedicato allo storico rivale-amico di Pat Riley e cioè Chuck Daley, lo storico allenatore anche del Dream Team di Barcellona 1992 che proprio quest'anno festeggia il ventennale. Ironico che a premiarlo sia stato Rick Carlisle, proprio l'allenatore dei Dallas Mavericks che l'anno scorso vinse il titolo NBA proprio i danni degli Heat di Riley.
LBJ portato in panchina dolorante
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Finito il bel siparietto si torna alla partita che, seguendo il trend della serie, subisce un duro parziale che cambia il corso del match: gli Heat infatti infilano un parziale da 16-0 guidato da due triple di Norris Cole a cui sono seguiti 3 punti di James Jones e 3 punti di Mario Chalmers. Non sono impazzito e non ho sbagliato a scrivere, è stato proprio il supporting cast degli Heat ha ribaltare la situazione sotto la guida però di LeBron James nel ruolo di direttore d'orchestra dato che a metà del secondo quarto è già a quota 7 assist. Il pubblico di casa si spaventa quando Wade, in seguito a una stoppata di Ibaka a suo danno, cade male sull'osso sacro, al momento sembra un duro colpo ma tutto si risolve nel migliore dei modi: solo una botta per Flash che può tornare subito sul parquet. Miami continua a macinare punti e Brooks prova a rimediare usando il quintetto basso con Westbrook, Fisher, Sefolosha, Harden e Collison che tanti miracoli fece in Gara 1 ma senza molti risultati, il quaro si chiude 49-46 per i Thunder che devono ringraziare un grande Westbrook ed i suoi 18 punti tirando 9/15 dal campo.
Il terzo quarto, come spesso succede, è il momento decisivo della sfida ed è proprio in questo periodo che le redini del match passano definitivamente nelle mani degli Heat. Durant spende nel primo minuto un fallo piuttosto inutile che lo condiziona difensivamente (cosa fin troppo frequente in questa serie) mentre gli Heat tengono fede al loro nome restando "caldi", difficilmente sbagliano un tiro, nel solo terzo quarto infatti Wade mette a segno 10 punti e Chalmers ne realizza 7 senza dimenticare il solito Shane Battier, oggi meno decisivo del solito ma comunque importante, sua una tripla fondamentale nel quarto e molto buono anche il lavoro difensivo con cui riesce ad innervosire Westbrook che però riuscirà comunque a realizzare 8 punti nel quarto. Durant realizza 10 punti nel quarto ma l'atteggiamento non è quello delle serate migliori e in difesa è piuttosto impalpabile, al contrario James è molto deciso a portare a casa il risultato, segna tutti gli ultimi 8 punti di squadra e si prepara all'ultimo quarto con 20 punti, 9 rimbalzi e 12 assist a referto ma ciò che più impressiona è lo sguardo deciso e lo sforzo difensivo. Il problema dei Thunder ha un nome e un cognome e stranamente è quello di James Harden, davvero fuori fase in attacco e disastroso in difesa, demolito in post basso da LeBron James. Nonostante tutto OKC chiude in svantaggio solo di 4 punti sul 79-75, un vero affare per come stava giocando anche se devono solo ringraziare Miami per essere ancora in partita, gli Heat infatti, come troppo spesso fanno, hanno abusato di alcuni attacchi statici che non hanno portato a nulla di buono e hanno aiutato i Thunder a restare in gioco.
L'ultimo periodo continua ad essere firmato dalla squadra di casa anche e soprattutto per la giornataccia di Harden che riesce a sbagliare praticamnte ogni tiro tentato, tra questi addirittura una schiacciata in contropiede. Per Miami il leader ormai è Mario Chalmers, la sua mano ormai è rovente tanto che chiuderà segnando 12 punti nel quarto mentre a tenere a galla OKC ci pensa Westbrook, per lui un parziale da 13 punti consecutivi in poco più di cinque minuti tirando 5/5 dal campo e 3/3 ai liberi, giocate che riportano i Thunder sul -2 con meno di cinque minuti sul cronometro. All'incirca in contemporanea con il pareggio firmato Kevin Durant accade un fatto che lascia il mondo col fiato sospeso: James cade e resta a terra dolorante, si tiene il ginocchio e deve tornare in panchina sorretto dai medici, potrebbe essere un crampo ma anche una lesione al ginocchio, l'American Airlines Arena trema. LeBron non riesce a stare fuori e ritorna in campo con i suoi sotto di 2 punti anche se vistosamente zoppicante. Al suo ritorno Miami si porta sul +5 grazie ad un parziale di 7-0 il cui simbolo è una clamorosa tripla di Lebron James presa su una gamba sola da fermo, una vera prodezza. Successivamente Westbrook riesce a riportare i suoi sul -3 ma, dopo aver difeso bene, è proprio il numero 0 ha commettere un fallo intenzionale deleterio e inutile a due secondi dallo scadere dei 24 di Miami che permette a Chalmers di chiudere la partita ai liberi e, di conseguenza, di sigillare la terza vittoria nella serie, Miami ora è ufficialmente sul 3-1 dopo la vittoria per 104-98.
LeBron costretto alla panchina dall'infortunio
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Miami è stata molto convincente, ottima la sua difesa e la sua circolazione di palla, è sembrata una squadra vera e propria e non solo le solite due stelle e un ammasso di corpi al loro fianco, i migliori infatti sono stati LeBron James (26 punti, 9 rimbalzi e 12 assist con il 50% dal campo) e Chalmers (25 punti, 2 rimbalzi e 3 assist con il 9/15 dal campo), ottimo anche Wade. OKC dal canto sua ha fatto piuttosto male: Durant (28 punti e 2 rimbalzi tirando 9/19) ha inciso meno di quanto dica il tabellino, malissimo anche Perkins (4 punti e 3 rimbalzi) e Harden (10 rimbalzi ma 8 punti tirando 2/10), molto bene invece Collison, enciclopedico in difesa, e Westbrook che ha registrato 43 punti con 7 rimbalzi e 5 assist tirando 20/32 dal campo, una prestazione quasi perfetta se non fosse stato per quel fallo pazzo  negli ultimi secondi che, di fatto, ha tolto a OKC la possibilità di paregggiare con l'ultimo tiro.
Nessuna squadra ha mai rimontato dal 3-1 in una serie finale ma mai dire mai anche se coach Spoelstra ha confermato che il problema di LeBron James era solo un crampo e di conseguenza sarà al pieno delle forze in Gara 5.

Miami Heat - Oklahoma City Thunder 104-98 (33-19; 49-46; 75-79; 98-104)
Miami Heat: James 26, Chalmers 25, Wade 25, Bosh 13, Cole 8, Battier 4, Jones 3, Haslem, Miller.
Oklahoma City Thunder: Westbrook 43, Durant 28, Harden 8, Collison 6, Sefolosha 5, Ibaka 4, Perkins 4, Fisher.

martedì 19 giugno 2012

La nuova Olimpia comincia coi botti: il primo acquisto è Richard Hendrix

di Luca Ngoi


Neanche il tempo di chiudere i battenti per questa stagione che l'Olimpia Milano piazza il primo colpo della sua campagna acquisti. SI tratta del lungo Richard Hendrix, che gli appassionati di college basketball ricorderanno con la maglia degli Alabama Crimson Tide dal 2005 al 2008. Nell'ultima stagione Hendrix ha giocato con la maglia del Maccabi Tel Aviv una solida stagione in Eurolega, entrando dalla panchina per 20 minuti di media segnando 10 punti e catturando 5.8 rimbalzi a gara. Il giocatore era stato scelto anche in NBA dai Golden State Warriors, che però non credettero mai in lui facendolo girovagare da subito in D-League con i Bakersfield Jam prima e con i Dakota Wizards poi.
L'Olimpia dunque si porta in casa un giocatore di grande atletismo, dai mezzi tecnici sicuramente non sopraffini ma che porterà alla causa tanta energia e fisicità, un prototipo molto diverso da Antonis Fotsis, attualmente il titolare del ruolo ma che non ha convinto pienamente, soprattutto visto il relativo impatto avuto nei playoff e che dunque potrebbe essere sacrificato per far posto al ragazzo da Alabama. Il mercato comunque è ancora agli inizi, ma prepariamoci ad un'altra campagna faraonica da parte di Livio Proli e Giorgio Armani sotto la cura di coach Scariolo.

Siena nella storia: sesto titolo di fila, ma Pianigiani va verso il Fenerbahce

di Luca Ngoi


Siena è riuscita in ciò che nessun altra squadra prima d'ora era mai riuscita a fare: completare il famoso repeat del threepeat. Gli ultimi a riuscire a compiere un'impresa di questo genere erano stati i Chicago Bulls, che nelle proprie fila annoveravano però un certo Micheal Jordan, e in panchina avevano un mago di nome Phil Jackson. Non esattamente due personaggi che capitano tutti i giorni.
Anche Siena, nel suo piccolo e fatte le dovute proporzioni, ha il suo MJ. Si tratta del folletto "macedone" Bo McCalebb ed è proprio da qui che vogliamo partire nella nostra analisi di questo storico scudetto, il settimo nella storia del club. B-Mac arrivò a Siena l'anno scorso dopo aver disputato un'annata stupefacente con la maglia del Partizan Belgrado, trascinato praticamente in solitario fino alle Final Four dove perse di misura con l'Olympiacos. Arrivato in Italia per sostituire il leggendario Terrell McIntyre qualcuno aveva diversi dubbi al suo riguardo, dubbi che però vennero spazzati via dopo una manciata di partite, il tempo di ambientarsi e di fiutare l'ambiente in cui era capitato. Se lo si valutasse dai nudi e crudi numeri in regular season (13.9 punti, 3.5 assist, 35.7 da tre) si potrebbe anche pensare che tutto sommato il ragazzo non sia nulla di che, un giocatore normale che dà il suo contributo insomma. E invece a guardare le partite ci si accorge che intanto il plus\minus medio è un non disprezzabile 7.9 (10.1 nei playoff), il che sta a significare che con lui in campo la squadra domina gli avversari quasi sempre, cambiando nettamente ritmo. Il tutto è testimoniato dal meritatissimo premio di MVP della finale, giocata in pieno controllo e dando l'impressione di poter alzare e abbassare i ritmi a piacimento, seminando il panico nella pur buona difesa milanese e dimostrando di essere realmente diventato se non il migliore uno dei tre migliori giocatori presenti in campo europeo.
Essendo però il basket uno sport di squadra non è possibile dimenticare in questo scudetto l'apporto decisivo di tutti gli altri giocatori, alcuni dei quali probabilmente alla fine del loro ciclo senese. Primo tra tutti il capitano Shaun Stonerook, protagonista di tutti e sei i titoli biancoverdi e ancora decisivo con le sue triple, la sua regia occulta e i suoi "intangibles" anche in questa finale, giocata ad un livello in cui non lo si vedeva da moltissimo tempo. Impossibile dimenticare anche l'importanza di Ksistof Lavrinovic, ormai totalmente a suo agio nel ruolo di sesto uomo che entra e cambia la gara potendo prendersi tiri e responsabilità che viceversa partendo in quintetto non potrebbe avere, così come i vari Aradori (dimostratosi un giocatore di ruolo ma che può avere un impatto a livello di punti in ogni partita), Zisis (cambio importantissimo per dare ordine nei momenti di follia di McCalebb), per finire con Carraretto e Ress, forse non esattamente compatibili ad altissimo livello europeo ma ormai uomini di provata esperienza e che di questo sistema sanno tutto e il contrario di tutto.
Non ci siamo dimenticati ovviamente di David Andersen, il giocatore che c'era nel primo scudetto, conquistato con Charlie Recalcati e che è tornato in questa stagione in cui ha disputato grandi partite alternate a gare anonime ma che comunque ha aiutato Siena soprattutto a non subire eccessivamente il gap fisico con le altre grandi d'Europa. Ma la Montepaschi non sarebbe quello che è adesso se non avesse avuto tra i suoi un altro elemento fondamentale: Rimantas Kaukenas, guardia che ha saputo unire all'estrema classe che lo ha sempre contraddistinto anche un cuore e una presenza nei momenti fondamentali delle partite che lo hanno riportato nell'elite degli esterni europei dopo la brutta parentesi di Madrid, e assieme a lui Igor Rakocevic e Bootsy Thornton arrivati a stagione in corso e che hanno avuto impatti sostanzialmente diversi. Il croato doveva essere uno dei go to guys della squadra, ma non si è mai realmente ambientato, ha sempre fatto molta fatica e di fatto non è mai riuscito ad offrire il 100 percento di sè stesso alla causa (capita anche ai migliori), mentre l'americano, comunque avvantaggiato da una precedente esperienza in toscana, è riuscito ad avere più continuità nonostante la sua veneranda età ed in alcuni momenti è sembrato anche decisivo.
Tutto ciò comunque non sarebbe potuto succedere senza la guida di un tecnico come Simone Pianigiani, che ormai ha raggiunto tutto ciò che si poteva raggiungere con questo gruppo, ha centrato per quattro anni consecutivi il grande slam italiano fallendo soltanto il premio più grosso: l'Eurolega.
Proprio per questo motivo sono sempre più insistenti le voci che danno il c.t. della Nazionale via dalla sua città e dalla sua squadra, e più precisamente in Turchia, al Fenerbahce. Pianigiani ha ormai fatto la storia del basket italiano e crede di aver sfruttato completamente le potenzialità di un gruppo che gli ha dato soddisfazioni immense ma che, come detto, non è riuscito in più di un'occasione ad andare fino all'ultimo atto di Eurolega nonostante due Final Four. E' sempre mancato quel centesimo per fare l'euro, per circostanze diverse e discutibili ma probabilmente con questi giocatori e soprattutto questo budget arrivare più in là di una Final Four (comunque non cosa da tutti) sembra un'impresa più titanica delle altre.
Domani a Siena è prevista la conferenza stampa del coach, che con tutta probabilità sarà l'ultima e che dunque lo porterà a firmare nei prossimi giorni il suo contratto con i turchi, dove avrebbe tutta l'intenzione di portarsi non solo Luca Dalmonte come assistente (in tal caso sarà seguito anche dal figlio Lorenzo) ma anche da una nutrita colonia senese. L'obiettivo primario di Pianigiani infatti sarebbe proprio il fresco MVP delle finali, Bo McCalebb per il quale comunque ci sarebbe da contrattare un lauto buyout con Siena, mentre l'altro pretoriano che potrebbe seguirlo sarebbe il lituano Lavrinovic, pronto a fare coppia col fratello Darius già in forza ai turchi. 
Tutto ciò comunque si potrà capire da domani. Per ora possiamo ancora fare soltanto i complimenti a questa Siena, grande organizzazione prima che grande squadra. Il futuro è incerto, e probabilmente si dovrà rifondare ma la mentalità vincente rimarrà, ed è quella il primo passo fondamentale verso nuovi successi.

lunedì 18 giugno 2012

LeBron James torna re nella sua Miami, Heat sul 2-1 nella serie


di Claudio Pavesi
Questa volta la difesa di LeBron su KD ha fatto la differenza
Photo by Lakersland.com

Siamo già a Gara 3, ormai la Chesapeake Arena è un lontano ricordo e lo skyline di Miami, ben più attraente di quello di Oklahoma City, è pronto ad accogliere il più grande spettacolo cestistico al mondo quindi prepariamoci per la palla a due.
Il primo quarto è quello tipico di una Gara 3, le squadre si studiano per verificare gli adjustament pensati negli ultimi giorni anche se ci sono giocatori come Westbook e Durant per cui non ci sono adjustment che reggono, la coppia d'oro dei Thunder mette a segno 12 dei 20 punti di squadra. Miami dal canto suo decide di esplorare il cetro dell'area dei Thunder nonostante la presenza di Ibaka e Perkins, missione assolutmente compiuta dato che 24 dei 26 punti degli Heat sono arrivati dal pitturato.
Il secondo quarto comincia con James in panchina a riposare ma ci pensa l'atletismo si Wade a tenere davanti gli Heat con le solite giocate di energie, una su tute la stoppata su su Collison, sì avete letto bene proprio l'ala centro degli avversari. Wade continua a macinare gioco e punti ma i Thunder rispondono con la coppia Harden-Fisher che a suon di giocate di furbizia ed esperienza riporta i Thunder a -1 preparando lo scenario per Durant cha a metà quarto comincia a scaldarsi. Entrambe giocano bene ma nel secondo quarto Miami fa leggermente più fatica del solito ma ci pensa Battier a risollevare gli Heat con due triple in meno di due minuti: rispettivamente il secondo e il terzo canestro di Miami al di fuori del pitturato. I Thunder devono ringraziere Westbrook, il numero 0 infatti realizza cinque punti in quaranta secondi che permettono a i suoi di andare al riposo a -1 sul 46-47.
Il terzo parziale inizia con i Thunder completamente diversi in entrambe le metà del campo come dimostra l'ex Biellese Thabo Sefolosha che prima difende in maniera enciclopedica su LeBron James per poi chiudere dall'altra parte schiacciando l'alley-oop alzato da Westbrook. La "nuova" OKC arriva fino al +9 grazie anche a Miami che, come spesso accade, rallenta e inizia a prendere brutti tiri statici, ovviamente solo fino al risveglio di Wade il quale pensa bene di suonare la carica per la squadra di casa prima schiacciando con forza e poi costringendo Durant al quarto (dubbio) fallo obbligandolo alla panchina. Brooks sceglierà di fare a meno anche di Westbrook, autore di troppe ingenuità ma sarà salvato dal solito Derek Fisher che realizza un gioco da 4 punti fondamentale, puro ossigeno per i Thunder aiutati anche da Perkins, tarantolato a rimbalzo in attacco. Miami non mostra un gioco particolarmente fluido ma incredibilmente si ritrova sul +2 grazie a una tripla di LeBron James, un risultato che nemmeno gli stessi Heat avrebbero creduto di raggiungere in così breve tempo, evidentemente l'assenza di Kevin Durant e Westbrook, a lungo termine, non è rimediabile. Chiave del quarto sono due errori grossolani in difesa di Ibaka e Fisher i quali, sbagliando un closeout, regalano due viaggi in lunetta per 3 liberi ciascuno a Miami, 6 punti in un momento difficile per gli Heat che da quel momento sono tornati a macinare punti.
Non sarà la Chesapeake Arena ma anche a Miami l'ambiente
non sembra niente male
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L'ultimo periodo inizia con una Miami cattivissima e molto aggressiva a cui però i Thunder riescono a tenere testa con i loro big three. Le prime avvisaglie di come finirà la partita si vedono quando Kevin Durant fa 0/2 ai liberi sul -1, non certo una bella notizia per i Thunder che però rimediano con la leadership di James Harden. I minuti passano e OKC arranca principalmente a causa della difesa degli Heat guidata da Bosh, più volte protagonista di stoppate e responsabile di molte palle perse di Kevin Durant. A 3 minuti circa dalla fine parte una sequenza che spezza in due la partita: Wade realizza un And-One e successivamente Durant è protagonista di una palla persa molto banale, è lo stesso numero 35 che poi commette il suo quinto fallo sull'entrata di James regalandogli un tiro libero addizionale a i due punti realizzati in entrata. Gli Heat raggiungono così il +7 a due minuti dal termine, sembra tutto finito ma i liberi di Perkins, la rubata incredibile di Sefolosha su Wade seguita dal canestro dello svizzero e il jump-shot di Westbrook riportano la partita sul -1: a Miami ritornano i soliti spettri tipici dei finali di partita in cui gettano via il vantaggio accumulato; certo che con 9 perse in 10 minuti era intuibile che Miami rischiasse il rientro di OKC. Negli ultimi secondi ovviamente Miami gestisce male con il solito brutto isolamento per LBJ che sbaglia il tiro salvo poi tirare 1/2 ai liberi sigillando il risultato sul +4 per gli Heat a 16.2 secondi dalla fine. OKC ha l'ultima possibilità ma butta via la rimessa regalandola a Miami che chiude il risultato sul 91-85 firmando il 2-1 nella serie.
Miami si è comportata in maniera ottima guidata da un James da 29 punti e 14 rimbalzi oltre che da un Wade da 25 punti, 7 rimbalzi e 7 assist anche se non vanno dimenticati Battier (9 punti con 2/2 da 3 punti) e Bosh che invece ha tirato male (3/12 dal campo per 10 punti) ma è stato utilissimo a rimbalzo (11 alla fine) e in difesa. OKC ha risposto con i 25 punti di Durant e i 19 di Westbrook ma la differenza l'ha fatta la scarsa circolazione di palla come testimoniano i pochi assist, le molte palle perse banali (5 di Kevin Durant) e la scarsa percentuale ai liberi: in una partita punto a punto non è ammissibile tirare col 62.5% dalla lunetta (15/24) quando i rivali tirano l'88.6% (31/35). LeBron James si è dimostrato un ottimo leader in attacco, a rimbalzo, in difesa e come portatore di palla, è stato ottimo infatti anche negli ultimi minuti con le due giocate decisive: un assist clamoroso a Bosh e il libero decisivo della vittoria, per non parlare del fatto che per gran parte della partita ha marcato a uomo Kevin Durant meritando quindi il risultato finale e il vantaggio nella serie.

Miami Heat - Oklahoma City 91-85 (26-20; 47-46; 67-69; 91-85)
Miami Heat: James 29, Wade 25, Bosh 10, Battier 9, Haslem 6, Jones 6, Miller 4, Chalmers 2, Cole.
Oklahoma City Thunder: Durant 25, Westbrook 19, Perkins 10, Harden 9, Derek Fisher 9, Sefolosha 6, Ibaka 5, Collison 2, Cook.

domenica 17 giugno 2012

NBA Draft 2012: per i Bobcats la scelta più difficile

Di Federico Bianchi.
Fonte: Bobcats.com

Dall'immagine che potete vedere in alto, presa dal sito ufficiale dei Bobcats dopo la lottery, potrebbe sembrare che per la franchigia guidata da Michael Jordan sia stato un successo prendere la seconda scelta assoluta in uno dei draft più ricchi di talento degli ultimi anni, in realtà non è stato proprio così.
Fino al giorno prima della lottery tutti i giornali e i media di Charlotte erano sicuri che i Bobcats, arrivando dalla loro peggior stagione di sempre, avrebbero preso la prima pallina uscita dall'urna, assicurandosi così le prestazioni di Anthony Davis per ricostruire la franchigia, ma il monosopracciglio più famoso d'america andrà a giocare ai New Orleans Hornets, che hanno la prima scelta assoluta del draft 2012.
A questo punto si presenta un altro scenario difficile per i Bobcats, che si trovano a un'altra scelta difficile, avendo a disposizione con la seconda chiamata un gran numero di talenti con diverse prospettive. Una situazione del genere era già capitata ai Bobcats nel draft del 2004, nel quale la prima scelta assoluta fu Dwight Howard e i Bobcats con la seconda chiamata scelsero Emeka Okafor, scelta che non si rivelò molto oculata.
I Bobcats hanno sicuramente bisogno di un giocatore che dia delle garanzie, un giocatore da affiancare a Kemba Walker per cercare di avere un futuro più roseo di quello che si prospetta nella situazione attuale, tre sono i candidati principali per essere chiamati dopo Davis, scopriamo le loro caratteristiche.


Fonte: bleacherreport.com
CANDIDATO 1: THOMAS ROBINSON.
Il lungo di Kansas è un giocatore che difficilmente potrà deludere al suo arrivo in NBA, dotato di mezzi fisici straordinari e di una buona tecnica, forse non è il miglior talento che si può scegliere alla numero 2, però sicuramente con lui si cade in piedi.
Un altro aspetto importante da considerare nella scelta di Robinson è il carattere: il ragazzo ha vissuto un periodo drammatico nella sua vita a Kansas, in cui ha perso i suoi più cari affetti, un triste destino che però lo ha rafforzato molto, rendendolo un giocatore serio e un leader per i compagni, sia in campo che fuori, l'ideale per una squadra che ha bisogno di trovare un punto di riferimento su cui ricostruire.
L'unico dubbio forse può essere legato al ruolo che avrà in NBA, non è abbastanza alto per fare il centro, bisogna sperare che riesca a costruirsi un gioco esterno che gli permetta di giocare da 4 tiratore.

Fonte: bustasports.com
CANDIDATO 2: MICHAEL KIDD-GILCHRIST.
Questo è senza dubbio il miglior talento che si può scegliere alla seconda chiamata.
Nella stagione a Kentucky, al fiano di Anthony Davis, Gilchrist ha dimostrato di avere grandi doti di realizzatore, sia da fuori che in penetrazione, ottimi mezzi atletici e anche una buona mentalità vincente. L'aspetto da non sottovalutare è anche quello difensivo, dove con una buona rapidità di piedi può difendere su diversi tipi di giocatori.
Anche per lui il ruolo non è ben definito, al college giocava da ala piccola, ruolo in cui in NBA può fare bene, ma non tanto quanto potrebbe fare giocando da numero 2.
Se i Bobcats pensano di formare un backcourt con Kemba Walker da playmaker, Kidd-Gilchrist da guardia e Maggete da numero tre, allora dovrebbero scegliere l'ex Kentucky a occhi chiusi, anche perchè necessitano di un realizzatore.
L'unico dubbio sulle sue possibilità di giocare da "shooting guard" riguardano proprio un tiro da tre non affidabilissimo, ma lavorando su questo aspetto del suo gioco, Gilchrist potrebbe diventare un vero fenomeno.

Fonte: powerisunderstanding.blogspot.it
CANDIDATO 3: BRADLEY BEAL.
Se quello che cercano i Bobcats al draft è un realizzatore puro, Bradley Beal è ciò che fa al caso loro.
L'uomo da Florida corrisponde esattamente a questo identikit, grazie a una tecnica ottima e a un buon repertorio di movimenti offensivi diversi.
Beal ha dimostrato di saper segnare da tre, saper penetrare, giocare spalle a canestro, insomma nella metà campo offensiva sa fare più o meno tutto.
Inoltre un altro aspetto non irrilevante è la stazza del ragazzo: nonostante sia un numero 2 a tutti gli effetti, ha un fisico tale da essere già pronto a non sfigurare contro le guardie NBA.
Per fare un paragone possiamo dire che Beal è l'investimento sicuro alla Robinson, solo speso in un altro ruolo.

Questi sono i principali candidati a coprire il ruolo di stella dei Bobcats nelle prossime stagioni, ora sta a MJ e alla dirigenza di Charlotte fare la scelta, sperando almeno questa volta di scegliere al meglio. Per scoprire le sorprese del Draft 2012 rimanete collegati con il blog di Basketzone, il 28 giugno si avvicina.


Nazionale Sperimentale, da qui passa il futuro del nostro basket

di Luca Ngoi

Photo by: flickr.com


Quello della Nazionale Sperimentale è uno di quei progetti che fanno intravedere una qual certa speranza nel destino di un movimento cestistico, quello italiano, piuttosto mal ridotto da una serie lunghissima di insuccessi. L'ultima grande emozione è ancora scolpita negli occhi di tutti gli appassionati: quell'argento olimpico ad Atene grazie ai vari Pozzecco, Basile, Galanda etc etc. Ma come è ben noto i campioni non si creano dal nulla: bisogna programmare, lavorare, reclutare insomma è necessario lavorare a fondo per anni su giocatori, strutture e metodologie per tentare di arrivare davvero in alto. In questo senso una Nazionale Sperimentale, una Selezione "B" parallela a quella ufficiale è un bel modo di far crescere i propri migliori talenti in tutta tranquillità e senza quelle pressioni legate ai risultati che possono in un certo senso bloccare o rallentare la crescita dei giovani, che però allo stesso tempo possono sfruttare diversi giorni allenandosi con uno staff di primissimo livello e con le migliori strutture a loro disposizione.
A conferma dello staff tecnico di prima qualità vi citiamo soltanto qualche nome. Gli allenatori infatti sono Luca Dalmonte, Andrea Capobianco e Alessandro Ramagli, i primi due assistenti di Pianigiani anche per la Nazionale vera e propria, mentre il secondo è stato chiamato dallo stesso commissario tecnico verso la fine del campionato perchè è importante concedere un'occasione di formazione non solo ai giocatori ma anche ai tecnici. Il tutto si svolge sotto la preparazione fisica di Francesco Cuzzolin, personal trainer di Andrea Bargnani nonchè preparatore anche dei Toronto Raptors e ovviamente della Nazionale maggiore. 
Insomma, uno staff che riunisce la crème de la crème italiana a livello tecnico, ma anche e soprattutto di giocatori, la parte fondamentale di questo ritiro a Folgaria. L'obiettivo è trovare qualche elemento che, se non da subito, possa far parte del gruppo della Nazionale per dare un contributo vero e proprio, e non sarà difficile in un gruppo che riunisce tanto talento combinato alla gioventù. I nomi che spiccano su tutti sono quelli di Riccardo Moraschini, guardia della Virtus Bologna e assentatosi dal ritiro per tre giorni in quanto partecipante all'Adidas Euro Camp di Treviso in cui si è potuto confrontare con i migliori prospetti europei e ha avuto l'occasione di farsi notare per la prima volta anche da scout NBA, e Achille Polonara, ala che è esplosa in questo campionato a Teramo soprattutto nella parte finale della stagione in cui ha dimostrato di poter reggere il peso di una squadra di Serie A quasi da solo alla tenera età di 21 anni, una rarità in un Paese per vecchi.

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Non solo il virrtussino e il teramano nelle convocazioni del trio di allenatori, che hanno scelto di premiare anche giocatori della serie in cui ha militato Pavia, la DNA, come Marco Portannese, che tanto bene ha fatto con la maglia di Torino, o Jacopo Borra, il lungagnone di Treviglio ma di scuola Fortitudo o ancora Filippo Baldi Rossi, ala grande che abbiamo visto a Perugia. Chiaro che non potranno rientrare immediatamente nei piani di coach Pianigiani, ma con un'altra stagione a buoni livelli, magari in Legadue se non addirittura in Serie A (quello che ha più possibilità in questo senso è a nostro avviso Baldi Rossi) l'esperienza crescerà e le possibilità di una futura chiamata saranno maggiori. Proseguendo nella lista dei convocati troviamo anche la guardia di Jesi Marco Santiangeli, ormai uomo di rotazione in Legadue e pronto ad avere sempre più responsabilità, così come il classe '90 David Cournooh, finalmente esploso ad Imola quest'anno ma chiamato alla riconferma ad un livello più alto. Chiamati a far parte del gruppo anche Gabriele Ganeto, Valerio Mazzola e Daniele Magro, ormai non più inseribili tra i giovanissimi ma comunque protagonisti di buone annate in Serie A (Mazzola è stato anche uomo mercato molto richiesto) con le maglie di Varese, Montegranaro e Venezia e attesi dunque al salto di qualità successivo.
In questa lista manca Andrea De Nicolao, playmaker di Treviso che meritava a pieno titolo una chiamata che forse arriverà però nella lunga pre-selezione di Pianigiani a metà Luglio, o almeno così speriamo per un giocatore che ha messo in mostra grandissima qualità e che potrebbe far comodo data la scarsità di playmaker puri (anche in questo gruppo sperimentale).
Gli azzurri partiranno proprio oggi alla volta di Atene, dove domani e dopodomani disputeranno una serie di due amichevoli contro la selezione olimpica greca. La disparità sarà chiaramente palese, ma siamo comunque certi che due test internazionali così importanti non possano che far bene a questo gruppo, che sarebbe rimasto viceversa incompleto senza disputare nemmeno una partita, ed è bene che sia contro uno dei migliori avversari disponibili come la forte nazionale greca così da maturare un minimo di esperienza internazionale che molti dei ragazzi aggregati non hanno mai avuto e che potrà eventualmente servire in un futuro.
Sarà pur vero che tante sono le cose che non funzionano nel nostro movimento cestistico, soprattutto ai vertici dello stesso, ma iniziative come questa, ben curate anche nei minimi dettagli, senza lasciare nulla al caso dimostrano che, con impegno e buona volontà, è possibile creare un futuro migliore anche per la Nazionale azzurra.

venerdì 15 giugno 2012

Non tutte le rimonte vanno a buon fine: Miami pareggia la serie


di Claudio Pavesi
E' LeBronJames il vero protagonista di Gara 2
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Definire Gara 2 importante è dire poco, LeBron James e gli Heat arrivano alla Chesapeake con un atteggiamento mai visto, incredibilmente serio, stessa cosa vale per i Thunder che guidati meravigliosamente dai loro ormai famosi tifosi, vorrei fare qualsiasi cosa tranne che deludere il proprio pubblico. Ora basta parole e prepariamoci alla palla a due.
Miami parte benissimo, tutti sembrano molto carichi e decisi tanto che gli uomini di coach Spoelstra arrivano anche sul 16-2 con giocate anche poco prevedibili come l'entrata in palleggio di Bosh che segna in entrata su Durant guadagnandosi addirittura il fallo. Tutti sembrano essere caldi, anche Battier, sempre preciso dall'arco, ma soprattutto la coppia Wade-James, decisa come non mai a cambiare la partita: per loro 15 punti con il 50% dal campo, qualche assist e più di un canestro dal post basso. La coppia d'oro di casa Durant-Westbrook invece è stata limitata perfettamente, tenuta a 5 punti di coppia con 2/10 dal campo e 2 falli a testa. L'unico dato positivo per i Thunder lo regala un'altra coppia, Harden-Ibaka, il barbuto infatti sembra essere un nuovo giocatore rispetto a quello dei 5 punti di Gara 1 mentre lo spagnolo di origine congolese inizia lo show di stoppate fermando quella che sarebbe stata una delle schiacciate più clamorose che LeBron James abbia mai fatto, proprio negli ultimi secondi del primo quarto.
OKC comincia il secondo quarto dal -12 con una faccia diversa, Ibaka continua a stoppare e Harden continua a costruire gioco, il numero 13 prende in mano la squadra costringendo anche al fallo James, il secondo, che lo obbliga alla panchina forzata. Senza James sono altri Heat e i Thunder tornano così sotto la doppia cifra di svantaggio anche con Durant e Westbrook a mezzo servizio. Quando torna in campo James la partita cambia di nuovo: più spazio per Bosh in attacco che viene ben ripagato dai compagni degli ottimi sforzi difensivi, stessa cosa vale per Battier che segna da 3 punti come fosse Larry Bird. Il secondo quarto segue un trend particolare per tutti i 12 minuti, non appena i Thunder si avvicinano sotto la doppia cifra di svantaggio Miami piazza subito un parziale importante come dimostra il risultato all'intervallo di +12 per gli Heat sul 55-43 con un Bosh da 10 punti, un LeBron da 14 tirando quasi il 50% dal campo e uno strepitoso Wade da 13 punti, 5 rimbalzi e 4 assist. Per i Thunder 9 punti per Westrook che però mostra una brutta gestione di palla, solo 6 punti invece per Durant con 3/9 dal campo. L'unico a salvarsi per gli idoli di casa è Harden con i suoi 17 punti, 15 in più rispetto a tutta Gara 1. Oltre alle statistiche la differenza l'ha fatta la gestione della palla, ottima infatti quella degli Heat che possono contare su molti realizzatori diversi e un ottima circolazione da parte di tutti, lenta e macchinosa invece per i Thunder. L'altra differenza sostanziale la offre il già citato Bosh, per lui una Gara 1 da 10 punti e 5 rimbalzi dalla panchina mentre oggi all'intervallo il tabellino segna 10 punti e 10 rimbalzi più qualche stoppata e un'ottima presenza difensiva, forse la partenza in quintetto ha dato morale.
Nel terzo quarto servirebbe una scossa per OKC, squadra quasi in crisi come dimostra la statistica da 0 punti in contropiede nel primo tempo, è la prima volta infatti che accade una cosa del genere in tutta la stagione, c'è poco da dire, al momento gli Heat sono superiori guidati da LeBron James che continua ad attaccare nonostante il terzo fallo commesso nei primi minuti che lo obbliga a dover marcare Perkins per lungo tempo per evitare ulteriori falli. Interessante vedere per un periodo nel terzo parziale Durant marcare Wade che però sembra davvero imprendibile anche se il leader di giornata è ancora lui, Shane Battier, l'ex Duke continua a segnare triple senza sbagliare mai. Durant prova a tornare in partita prendendosi qualche tiro salvo poi dover abbandonare il campo per il quarto fallo che la maestria di James lo obbliga a commettere, al suo posto entra Fisher per un quintetto sperimentale con Harden, il già citato ex Lakers, Sefolosha, Westbrook e Perkins. La fotografia della partita fino ad ora la regala Haslem che stoppa dal nulla Westbrook, recupera la palla e lancia il contropiede, sembra che gli Heat stiano guidando un'auto da formula uno e i Thunder inseguano con il motorino. Il quarto finisce 78-67 per gli Heat grazie ad un canestro di Westbrook nel finale, il -11 non è di certo un brutto affare per quello che si è visto sul parquet della Chesapeak Arena, se in un quarto come questo però James segna 12 punti c'è poco da fare.
Il pubblico della Chesapeake Arena è tra i migliori in NBA
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L'ultimo periodo comincia con un paio di grandi giocate di Nick Collison, uno degli eroi di Gara 1, ma non ci vuole molto perchè arrivi la tegola sulla testa dei Thunder: Durant commette il quinto fallo nei primi 2 minuti e la fiamma dei Thunder sembra spegnersi del tutto come può confermare il rimbalzo offensivo di Bosh, catturato da solo in mezzo a quattro maglie bianche che sembrano quantomeno demoralizzate. Durant resta in campo con cinque falli e realizza in successione una tripla e una schiacciata pazzesca in faccia a Battier, due prodezze che scatenano i compagni i quali, con un paio di ottime giocate di Harden e con un gioco da tre punti incredibile di Westbrook su fallo di James, tornano a -6. Gli Heat iniziano ad avere gli incubi nonostante la quinta tripla di Battier a cui però risponde un sempre più caldo Kevin Durant che porta la partita fino al -4 per i suoi Thunder. Negli ultimi due minuti tocca sempre a Durant prendere in mano la partita, il 35 rischia però di commettere il sesto fallo e traballa ai liberi, al contrario Wade risponde con un canestro cadendo indietro che potrebbe abbattere definitivamente gli animi di OKC. LeBron e compagni finiscono per commettere il solito errore, si arenano fermando troppo il pallone e abbassando la percentuale al tiro, ne approfitta dunque Westbrook che firma il -3 schiacciando su rimbalzo offensivo (Westbrook sarebbe il playmaker, di solito quello basso che porta palla) ma è LeBron a mettere la firma con il suo primo canestro dal campo nel quarto, una prodezza in step-back a 90 secondo dalla fine che porta il tutto sul +5 per i suoi, toccherà poi a Bosh incrementare il vantaggio. A 50 secondi dalla fine KD realizza il -5 e Wade sorprende tutti portando palla oltre il centrocampo con troppa foga tanto che Fisher riesce a toccarla, Harden la recupera e la palla raggiunge in fretta le mani di Durant che spara da tre punti trovando il -2 a 37 secondi dal termine. James sbaglia un tripla con poco ritmo e OKC tenta il pareggio con Durant a 13 secondi dalla fine: a sorpresa il 35 tira immediatamente da due e sbaglia anche se sembra che James, in marcatura sul KD, abbia commesso un vistoso fallo però non sanzionato. James chiude la partita con 2 liberi restando perfetto dalla lunetta (12-12) è il definitivo 100-96 per Miami, 1-1 nella serie.
La partita è stata strana, OKC ha inseguito per 48 minuti e negli ultimi secondi ha rischiato anche di vincere. Miami è stata superiore soprattutto in difesa chiudendo ogni spazio ai Thunder e non cencedendo loro ripartenze o contropiedi e rendendo il centro dell'area un territorio molto più difficile da frequentare rispetto a Gara 1. Le stelle di Miami hanno dominato come dimostrano le statistiche: per James 32 punti, 8 rimbalzi e 5 assist con il 12-12 ai liberi, Wade ha messo a segno 24 punti, 6 rimbalzi e 5 assist con un super primo tempo e Bosh ha inciso con 16 punti e 15 rimbalzi di cui 7 offensivi, il tutto ovviamente senza dimenticare Battier e i suoi 17 punti con 5-7 da tre punti. OKC dal canto suo risponde con i 21 punti di Harden anche se solo 4 di questi sono stati segnati nel secondo tempo, Durant ne segna 32 con 12-22 dal campo mentre Westbrook risponde con 27 punti, 8 rimbalzi e 7 assist.

Oklahoma City Thunder - Miami Heat 96-100 (15-27; 43-55; 67-78; 96-100)
Oklahoma City Thunder: Durant 32, Westbrook 27, Harden 21, Ibaka 7, Perkins 4, Sefolosha 3, Fisher 2, Collison.
Miami Heat: James 32, Wade 24, Battier 17, Bosh 16, Chalmers 3, Haslem 2, Cole 2, Jones 2, Miller 2.