di Claudio Pavesi
L'anno scorso è toccato a D-Rose, chi sarà quest'anno a vincere l'MVP? Photo by fresh-university.com |
La stagione si chiude e i Playoffs sono alle porte quindi è arrivato il momento dell'assegnazione dei premi annuali. Mai come quest'anno è stato difficile cercare di prevedere i vincitori considerando le sedici partite in meno rispetto al solito e i ritmi asfissianti che hanno causato molti infortuni. A questo proposito ho deciso di escludere dal nostro articolo sulla corsa ai premi i giocatori assenti per circa metà delle partite in programma, tra questi ci sono nomi importanti, su tutti quelli di Jeremy Lin, Ricky Rubio e Manu Ginoboli, questo non vuol dire che effettivamente non possano vincere dei premi, semplicemente non saranno presenti in questi pronostici. Inutile fare ulteriori preamboli e passiamo direttamente ai premi tra cui mancherà però quello di Rookie of the Year a cui verrà dedicato uno speciale apposito firmato dal nostro Federico Bianchi.
COACH OF THE YEAR
3) Tom Thibodeau, Chicago Bulls. Thibodeau e i suoi Bulls si meritano la seconda piazza in questa categoria come dimostra il miglior record della NBA a pari merito con gli Spurs. Thibodeau è stato strepitoso nell'insegnare ai propri giocatori tutte le sue conoscenze difensive, le stesse che hanno reso famosi i Boston Celtics degli ultimi anni, inoltre le sue indicazioni hanno reso i Bulls la squadra con iul miglior record in trasferta dell'intera NBA. Thibodeau ha dato il meglio di sè quando ha dovuto rimediare agli infortuni, molti e pesanti, come quelli a Derrick Rose, Rip Hamilton e Luol Deng a cui però è sempre stato in grado di trovare ottimi rimpiazzi come John Lucas e, nonostante tutto, è riuscito a mantenere il primo posto nella NBA per rimbalzi di squadra a partita e punti concessi.
2) Frank Vogel, Indiana Pacers. Vogel quest'anno è l'artefice della rivoluzione dei Pacers, passati dal record di 37 vittorie e 45 sconfitte dell'anno scorso a quello fantastico da 42 vittorie e 24 sconfitte, risultati che hanno regalato a Indiana la terza piazza a Est. Vogel ha dimostrato a tutta la NBA che è possibile essere estremamente competitivi anche senza avere due/tre All-Star in quintetto, anzi, il coach di Indiana ha costruito la squadra basata su rotazioni molto lunghe con ben dodici giocatori che giocano più di dieci minuti di media a gara. L'abilità di Vogel si è notata creando un ottimo gruppo in spogliatoio, trovando un ruolo perfetto per i nuovi innesti come David West e Leandro Barbosa e aiutando i giovani a diventare giocatori migliori, lampanti gli esempi di Paul George e Roy Hibbert, l'ultimo dei quali è diventato anche un All-Star.
1) Gregg Popovich, San Antonio Spurs. Il miglior record della NBA, il miglior record in casa e le seconda miglior squadra per punti segnati a partita, tutto questo è merito principalmente di una persona, l'immenso coach Popovich. Quando tutti pensavano che la dinastia degli Spurs fosse ormai alla fine e che i leader della squadra fossero troppo vecchi per poter competere a livelli così alti ma Popovich con il suo sistema, i suoi schemi e le sue spaziature perfette ha saputo rendere gli Spurs una delle squadre più temibili in NBA. Coach Pop e le sue paziature hanno permesso anche a giocatori come Bonner di diventare membri fondamentali in vista dei Playoffs mentre il suo sistema difensivo ha portato giocatori giovani come Daniel Green e Kawhi Leonard ad avere un ruolo importante come specialisti. Cosa differenzia Pop dai precedenti due candidati? Ha inserito a metà stagione tre giocatori importanti e dall'alto minutaggio come Steph Jackson, Richard Jefferson e Patty Mills, inoltre è stato perfetto nel gestire le stelle in vista dei Playoffs garantendo loro molto riposo.
SIXTH MAN OF THE YEAR
3) O.J. Mayo, Memphis Grizzlies. Giocatore fondamentale per Memphis che, paradossalmente, da quando ha abbandonato il quintetto e ha ridotto il suo minutaggio, si è rivelato sempre più fondamentale per la causa dei Grizzlies. Tiratore pazzesco e discreto passatore ma anche ottimo atleta e rapido sulle linee di passaggio, segna 13 punti in circa 26 minuti di impiego a cui aggiunge anche 3 assist e 3 rimbalzi ma quello che più fa la differenza è la personalità, Mayo infatti è sempre pronto per realizzare un tiro importante, non conta il risultato o quanto manchi sul cronometro, lui è lì per tirare e coach Hollins lo sa bene infatti è soprattutto per questa caratterisca che gli regala la maggior parte dei suoi complimenti, tra l'altro meritatissimi.
2) Andre Miller, Denver Nuggets. Non ha mai segnato così poco in carriera e ha giocato per meno minuti solo nell'anno da rookie ma quasi mai è stato decisivo come in questa stagione. Si divide il posto di playmaker con Ty Lawson con i suoi 10 punti, oltre 3 rimbalzi e ben 6.6 assist in 27 minuti, una vera sicurezza, un leader esperto in una squadra con molti giovani, un playmaker completo, non avrà un fantastico tiro dalla lunga distanza ma tra gli esterni è il giocatore con il miglior gioco in post basso di tutta la NBA. Alla sua tredicesima stagione NBA Miller ha dimostrato che si può essere decisivi anche diminuendo le proprie statistiche, l'unica cosa che non è diminuita rispetto alle precedenti stagioni è la personalità di Miller come dimostra la sua gestione di palla nei momenti decisivi e il buzzer-beater che ha realizzato in un'occasione per la vittoria dei Nuggets.
James Harden, è lui il vincitore più certo di quest'anno Photo by dailybasket.it |
MOST IMPROVED PLAYER
3) Ersan Ilyasova, Milwaukee Bucks. Se non si fosse infortunato Jeremy Lin questa categoria sarebbe stata in mano sua ma, come già detto, vi elenchiamo le alternative. L'ala turca ha mostrato in questa stagione di essere diventato un giocato completo, buono in difesa come dimostrano le statistiche, quasi 1 stoppata e 1 palla rubata a sera, ma soprattutto ottimo in attacco come si può vedere dalla crescita nei punti segnati, dai 9.5 dell'anno scorso ai 13 di questa stagione, punti che realizza tirando con il 49% dal campo con il 45% da tre punti. Ilyasova si è trasformato anche in un ottimo rimbalzista infatti la passata stagione prendeva 6 rimbalzi a gara mentre quest'anno raggiunge addirittura quota 9, 3.3 dei quali in attacco, cifra che lo rende uno dei migliori 10 rimbalzisti in attacco dell'intera NBA. Solitamente i candidati a vincere questo premio vedono un grande implemento nel minutaggio rispetto alle stagioni prcedenti ma Ilyasova gioca solo 2 minuti in più rispetto all'anno scorso, a dimostrazione che i risultati raggiunti sono tutto merito del suo allenamento e del suo impegno.
2) Nikola Pekovic, Minnesota Timberwolves. Forte fisicamente ma molto tecnico e con piedi velocissimi, sia in attacco che in difesa e le prestazioni di quest'anno a Minnesota lo dimostrano. Rispetto all'anno scorso il suo minutaggio è raddoppiato, da 13 a 26 minuti a gara, è passato da 3 a 7.3 rimbalzi, più della metà dei quali in attacco, per non parlare dei punti che sono aumentati a dismisura rispetto all'anno scorso, da 5.5 a 14, diventando così il secondo miglior realizzatore della squadra, il secondo miglior rimbalzista e il secondo per "Efficiency Rating". L'ex Panathinaikos ha trovato la sua dimensione a fianco di Kevin Love e, se dovesse continuare a migliorare, costituirebbe uno dei cardini del futuro di Minnesota insieme a Love e a Ricky Rubio.
1) Ryan Anderson, Orlando Magic. Unico americano nella nostra Top 3 ma direttamente in cima alla classifica ma non potrebbe essere altrimenti, l'ala grande ex California University in questa stagione è riuscito a stupire chiunque, è passato come niente dai 10.6 punti della scorsa stagione ai 16 di questa crescendo anche come rimbalzista come si nota dagli 8 rimbalzi a partita di quest'anno, niente a che vedere con i 5.5 dell'anno scorso. Quello che colpisce di questi 8 rimbalzi a gara è che sono presi da un giocatore che condivide lo spazio sotto i tabelloni con Dwight Howard che, come miglior rimbalzista delle NBA, monopolizza la gran parte delle palle vaganti. Anderson però è rinato più che altro per l'attacco grazie alle sua mani fatate che lo portano a tirare l'87% ai liberi, il 44% dal campo e il 39% dal tre punti realizzando circa 3 triple a sera, senza dubbio uno dei migliori tiratori della NBA. Se i Magic sono arrivati ai Playoffs è anche grazie a lui e alle sue prestazioni oltre i 20 punti.
BEST DEFENSIVE PLAYER
3) Luol Deng, Chicago Bulls. L'ala piccola dei Bulls è l'unico in questa classifica a non essere un lungo e quindi è destinato a marcare gli esterni più forti che Chicago ha dovuto e dovrà affrontare, un esempio? LeBron James, Kevin Durant, Danny Granger, Rudy Gay, Paul Pierce e chi più ne ha più ne metta. Ricordo che Chicago, oltre ad avere il miglior record in NBA, è anche la squadra che concede meno punti in media in NBA, ciò dimostra l'abilità difensiva di Luol Deng che non avrà le statistiche più clamorose in NBA (15 punti, 6.5 rimbalzi, 3 assist e 1 rubata) ma è di certo un difensore vecchio stile, il classico giocatore che resta incollato all'avversario, uno che difficilmente porta a casa una stoppata ma impedisce all'avversario di titrare o gli concede un tiro impossibile, per fare un esempio uno alla Bruce Bowen.
2) Serge Ibaka, Oklahoma City Thunder. La super-atletica ala naturalizzata spagnola ha fatto la differenza in questa stagione, ha occupato l'area come solo pochi sanno fare e ha dominato sotto i tabelloni come si può notare dai 7.5 rimbalzi a partita ma soprattutto dalle 3.7 stoppate a gara, non male se consideriamo che JaVale mcGee, secondo in questa speciale classifica, è "solo" a quota 2.2. Ibaka ha saputo trovarsi un posto da protagonista in una squadra in cui difficilmente può prendersi più di sei o sette tiri a serata e ha saputo trasformarsi da semplice atleta esplosivo a incredibile difensore in grado di oscurare qualsiasi tipo di ala o centro in NBA.
Chandler e la sua rabbia Photo by liveworldnew.com |
MVP (Most Valuable Player)
3) Tony Parker, San Antonio Spurs. Praticamente chiunque a inizio stagione sosteneva che gli Spurs erano troppo vecchi per poter avere il miglior record della NBA, specialmente in una stagione corta e piena di back-to-back come questa ma invece San Antonio, guidata da coach Popovich e dal playmaker francese, è riuscita a conquistare il primo posto nella Western Conference. Parker è stato certamente il leader della squadra con i suoi 16.8 punti, 3 assist e 7.7 assist, mai così passatore in carriera, inoltre si è migliorato anche come tiratore di liberi raggiungendo l'80% dalla lunetta anche se non ha mai tirato così male da tre punti, solo il 23%. Probabilmente la stagione di Parker non è al livello di quella dei prossimi 2 candidati ma menzionarlo, dopo i traguardi personali e di squadra che ha raggiunto, era d'obbligo.
2) Lebron James, Miami Heat. Descrivere LeBron James sarebbe inutile, anche chi non ha mai sentito parlare di basket conosce la stella degli Heat e le sue qualità. James ha chiuso la stagione con 27 punti, 6.2 assist, 8 rimbalzi (massimo in carriera) e 2 palle rubate a gara, cosa che lo rende il terzo miglior ladro di palloni della NBA, non male per essere un ala da 115 chilogrammi. LeBron ha anche migliorato la precisione nel tiro raggiungendo il massimo in carriera sia nel tiro dal campo (53%) che dall'arco dei tre punti (36%). James quest'anno è stato paurosamente dominante, specie nella prima parte della stagione, periodo in cui sembrava la versione al meglio di Magic Johnson ma con la mole fisica di Karl Malone, salvo poi calare nel finale di stagione pur mantenendo cifre stellari. Non è certo che sarà lui a vincere il suo terzo titolo di MVP ma, se anche dovesse succedere, non sarebbe di certo uno scandalo.
1) Kevin Durant, Oklahoma City Thunder. Non penso ci siano molti dubbi sul possibile vincitore del premio più ambito di tutti, Durantula è stato superiore a chiunque per tutto l'anno sotto ogni punto di vista, miglior realizzatore della NBA con 28 punti a sera, ottimo sotto canestro con i suoi 8 rimbalzi di media a cui vanno aggiunti quasi 4 assist e come se non bastasse KD mette a segno anche più di 1 stoppata e più di 1 rubata ogni volta che scende in campo, tutto questo tirando col 47% dal campo e con ul 36% da tre punti. Durant non è solo statistiche ma anche e soprattutto carattere, riesce a essere un leader nonostante il fatto che al suo fianco ci sia un giocatore dalla personalità quantomeno ingombrante come Westbrook inoltre è una certezza quando ci si trova in svantaggio e il cronometro si avvicina allo zero come abbiamo potuto vedere negli ultimi secondi di Gara 1 della serie contro Dallas. L'unico a non essere certo che KD meriti il premio è lo stesso Durant, il quale ha dichiarato che è LeBron James ha meritarsi il premio, onestamente ho qualche dubbio.
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