lunedì 4 giugno 2012

Matchups: Danilo Gallinari "Voglio essere protagonista, altrimenti che divertimento c'è?"

intervista realizzata da Claudio Pavesi e Davide Quaranta
Danilo Gallinari guarda avanti, verso la nuova stagione
Photo by Getty Images

Oggi siamo onorati e felici di regalare una vera chicca a tutti i lettori di Basketzone RTP, un'intervista con Danilo Gallinari, la stella dei Denver Nuggets in NBA e della Nazionale Italiana. La chiacchierata è stata realizzata per la prima volta di persona (non male come prima volta) in occasione del 2° Gallo Day, la giornata dedicata al basket organizzata a Lodi dal suo primo Fan Club ufficiale.


Denver: rapido giudizio sulla stagione, la prima interamente nel Colorado con alti e bassi anche per i molti infortuni subiti soprattutto da te e da Rudy Fernandez.
La stagione ritengo sia stata molto positiva sia dal punto di vista personale ma soprattutto da quello della squadra in particolare perché, come hai già detto tu, non abbiamo mai avuto l'occasione di giocare con l'organico al completo tranne che per l'ultimo mese e mezzo in cui infatti abbiamo perso solo due o tre partite. Siamo arrivati alla fine molto motivati, avremmo potuto farcela a raggiungere il secondo turno dei Playoffs ma direi che siamo stati lo stesso molto bravi a raggiungere il primo turno e a giocarcela fino a gara 7.
Gli infortuni sono stati pesanti e fastidiosi ma anche la trade ha influito molto: abbiamo perso Nenè, il nostro centro titolare, e al suo suo posto sono arrivati giocatori con una reputazione piuttosto discutibile come JaVale McGee, reputazione che hanno saputo trasformare.

Proprio McGee infatti era membro fisso del "Shaqtin'A Fool", la rubrica di Shaquille O'Neal sugli errori più clamorosi della NBA.
Esatto. Si è dimostrato un grande giocatore con grandi qualità in campo e incredibili conoscenze di pallacanestro oltre che un ottimo ragazzo, una persona sempre pronta a lavorare e a migliorare. Per questi motivi sono certo che la stagione appena trascorsa deve definirsi molto positiva.

Avete dimostrato un ottimo gioco anche senza avere una cosiddetta star, per come la intendono gli americani. Cosa ne pensi del sistema di coach Karl? Ti senti valorizzato dal suo gioco?
Questo è il suo modo di giocare ed è sempre stato così anche in passato quando allenava altre squadre. Penso che questo gruppo sia perfetto per il suo gioco in particolar modo dopo la trade che ha portato me a Denver, si è formato un collettivo molto motivato e ritengo che difficilmente Karl si sia divertito così tanto con un altro gruppo nella sua carriera. Il gioco di coach Karl è veramente divertente e non ho dubbi che sia anche vincente perché ti permette di arrivare ai Playoffs e di giocartela con chiunque.

Smentiamo allora ufficialmente le numerose critiche che difiniscono il gioco di coach Karl come "bello ma non vincente"?
Certo. Il sistema di Karl favorisce il gruppo e solo col gruppo si può vincere, noi stessi lo abbiamo dimostrato arrivando con un ottimo record ai Playoffs in cui abbiamo affrontato la tipica squadra con tanti centimetri che corre poco e che gioca a metà campo ma siamo comunque riusciti a raggiungere gara 7. Non abbiamo passato il turno per un soffio dimostrando a noi stessi e a tutti che questo sistema funziona e può far paura.

Dopo l'importante rinnovo contrattuale avverti una pressione diversa in campo o sei più tranquillo per aver avuto la fiducia della squadra e della dirigenza?
Senza alcun dubbio sono tranquillo e felice, d'altro canto penso che firmare un contratto del genere renderebbe felice chiunque. Allo stesso tempo firmare un tale contratto porta a tante nuove responsabilità, molto diverse rispetto a quelle a cui ci si è ormai abituati: arrivano pressioni da parte della società, ci sono anche pressioni, non dirette, da parte dei compagni dato che una firma così importante significa avere più possessi e in momenti sempre più importanti. In poche parole si inizia a dipendere meno dagli altri e ci si avvicina sempre di più ad un ruolo da protagonista che è ciò a cui ritengo bisogna ambire, non penso infatti ci sia molta soddisfazione a giocare a certi livelli senza voler essere un protagonista. I Nuggets mi stanno dando la possibilità di essere un protagonista ed è fantastico, è un modo per mettere alla prova anche me stesso, mi permette di conoscermi meglio, solo così potrò constatare se ho la testa e le abilità per meritare queste responsabilità.

Prospettive per l'anno prossimo? Cosa ti aspetti da te stesso e dalla squadra?
L'obbiettivo di squadra è ovviamente quello di raggiungere i Playoffs e, considerando i risultati di quest'anno, l'obbiettivo resta quello di migliorarsi e quindi chiudere la stagione con un record migliore oltre che cercare di allungare la stagione facendo più strada nella postseason. Personalmente il mio obbiettivo è quello di diventare un giocatore sempre più importante a livello sia statistico che carismatico anche per rispettare la fiducia che mi è stata data con il contratto che hai giustamente già citato.

Il Gallo mentre viene intervistato da Claudio Pavesi
Photo by Davide Quaranta
A proposito della prossima stagione, se tu fossi il General Manager di Denver chi sceglieresti al Draft con la numero 20? C'è un giocatore che ti piace più di altri?
Sinceramente non segue molto l'NCAA quindi non credo di poter dare un giudizio riguardo i ragazzi che saranno selezionati il prossimo 28 Giugno. Quello che so per certo è che i manager di Denver sono persone molto capaci nel loro lavoro e con grandi conoscenze di basket, motivo per cui so già che faranno una grande scelta

Direi che la scelta di Kenneth Faried alla numero 22 del Draft dell'anno scorso è un buon biglietto da visita.
Esatto, è l'esempio perfetto. Quella di Kenneth è stata una scelta super, tutti hanno potuto vedere cos'è capace di fare, per non parlare del fatto che è il giocatore perfetto per il sistema di Karl. Questo è il motivo principale per cui so che la nostra dirigenza sceglierà benissimo il giorno del Draft.

Obbligatoria una domanda sull'incredibile notte da 37 punti e 10 rimbalzi al Madison Square Garden contro 'Melo, nel tuo ritorno da ex Knick. Che cosa hai provato?.
E' stata davvero una grande emozione. La partita è stata molto bella e io ci tenevo moltissimo a fare bene, continuavo a pensare a quella sfida anche giorni prima dell'incontro. Sono stato felicissimo della mia prestazione personale anche se la cosa che mi importava di più era vincere e ci siamo riusciti, è ovvio che se avessi fatto una prestazione tale ma fosse arrivata una sconfitta avrebbe avuto tutto un altro significato. Dopo la partita però è stato necessario cambiare mentalità e guardare avanti anche perché contro i Knicks ci giocheremo tutti gli anni comunque quel primo ritorno sarà sempre un ricordo davvero importante per me.

Parliamo appunto di quella famosa trade anche se da un altro punto di vista, quello della vita privata, aspetto che non viene quasi mai considerato. Un momento prima si è a cena con i compagni e un secondo dopo si è costretti a cercare casa a quattromila chilometri di distanza, tu come hai vissuto un momento così difficile?
Purtroppo c'è poco da fare, ti devi adattare perché questa è l'NBA. Io sotto questo punto di vista sono già abituato perché nell'arrivo da Milano a New York ho dovuto cambiare tutto di me: a Milano ero a casa, vicino a persone che conoscevo fin dall'infanzia, arrivato in NBA invece ho dovuto cambiare tutta la mia vita con un "click", ho rivoluzionato il mio approccio rispetto al lavoro, alla squadra e alla vita lontano dalla famiglia e dagli amici. Quella trade ha ulteriormente dimostrato che tutto può cambiare in continuazione infatti hai indovinato, quel giorno ero proprio a cena con alcuni miei compagni di squadra, erano circa le 22/22:30, il mio agente mi ha chiamato e mi ha detto che avrei dovuto preparare le valigie perché il mattino dopo sarei partito per Denver. C'era poco da dire, ero stato scambiato, che mi trovassi bene o no a New York dovevo cambiare di tutto ma direi che è andata piuttosto bene.

Quest'anno sei stato protagonista insieme ai tuoi compagni di squadra dello show "The Association", il programma di NBA TV che segue giorno per giorno una squadra all'anno. E' stata una bella esperienza o è stato stressante avere le telecamere addosso anche in allenamento e in ogni momento libero?
Secondo me è stata un'esperienza interessante, personalmente mi ha fatto molto piacere anche perché, quando io e i miei compagni ci ritireremo dalla pallacanestro tra 10 o 15 anni, sarà bello potersi rivedere anche per come eravamo negli allenamenti, nei viaggi e nel tempo libero. Penso che spinga anche alcuni giocatori a dare ancora più del massimo così che la gente veda effettivamente quanti ci impegniamo per raggiungere certi livelli.

In America però si dice che questi speciali portino un po' sfortuna anche se questo non sembra il vostro caso.
No infatti, non è il nostro caso, la stagione è stata bella e quella di "The Association" è stata una grande esperienza, potendo scegliere la rifarei.

Parliamo di un'altra esperienza particolare di questo ultimo anno: il Lockout. Come giudichi il tuo breve ritorno in Europa? E' stata davvero utile?
Senza dubbio mi ha aiutato molto. Il mio però è stato un caso molto particolare, per me è stato un ritorno a casa quindi, quando mi si è presentata questa opportunità, non è stato difficile dire di sì. Dal punto di vista dell'allenamento è stato altrettanto utile, i giocatori NBA sono abituati a giocare tante partite ravvicinate quindi rimanere fermi per lungo tempo di solito è controproducente e per questo il ritorno all'Olimpia mi ha fatto davvero bene dal punto di vista fisico ma anche mentale.

Nazionale, innanzitutto ci sarai alle qualificazioni per gli Europei? Quanto è importante per te la maglia azzurra soprattutto in questo periodo in cui la Nazionale maggiore zoppica mentre quelle giovanili stanno facendo sempre meglio?
Dire che la Nazionale sia importante è dire poco e per questo sono grato ai giovani che hanno fatto così bene ultimamente sperando che i loro risultati possano permettere all'intero movimento del basket italiano di fare il salto di qualità. Quest'anno dovremo essere tutti presenti e dare il massimo perché quello delle qualificazioni è un momento davvero importante, non essere a Londra per le Olimpiadi sarà un duro colpo ma ci spronerà a dare il massimo. Io ritengo che dalle esperienze fatte bisogna sempre guardare i lati positivi e onestamente credo che dell'esperienza della Nazionale dell'anno scorso ci sia molto da salvare, il gruppo era ottimo ma era la prima volta che giocava insieme e come ben saprai è difficile, quasi impossibile, trovare un gruppo vincente alla prima occasione a livello di Nazionale. Non è facile giocare bene da subito ma ora è cominciato un percorso, un progetto concreto e le qualificazioni ai prossimi Europei saranno un nuovo passo avanti.

Noi siamo di Pavia e quindi volevamo chiederti se avevi qualche ricordo della nostra città, del Liceo Scientifico Copernico e ovviamente della stagione di LegaDue.
Sicuramente. Quello a Pavia è stato un anno bellissimo anche se non ho potuto giocare tutta la stagione perché a gennaio mi infortunai e fui costretto a saltare tutte le restanti partite, per me infatti quel periodo è stato difficile dal momento che abbiamo rischiato di qualificarci per i Playoffs all'ultima giornata e io non ho potuto fare la mia parte in campo. La cosa più bella di quella stagione erano proprio i due diversi momenti che dividevano la giornata: prima a scuola al Copernico e poi agli allenamenti e alle partite di LegaDue. Se non mi fossi infortunato sarebbe stato ancora meglio.

Male di certo non è andata, hai vinto il premio di Miglior Italiano a soli 17 anni.
E' stata solo fortuna (ride tra i classici "seee certo, come no" provenienti da noi due). Comunque era tutto fantastico, il pubblico era davvero super, così come anche i rapporti con la tifoseria. Davvero una bella annata.

Come è nostra consuetudine anche a te Gallo chiediamo di dare i tuoi pronostici. Cominciamo con l'NBA, chi vince?
Le squadre più forti sono le due che stanno giocando a Ovest ovvero San Antonio e Oklahoma City, purtroppo non possono vincere entrambe ma per me la vera finale dovrebbe essere quella. In ogni caso penso che sarà una di quelle due a vincere l'anello.
Danilo insieme allo staff del Gallo Day
(cliccare sulla foto per ingrandire)
Photo by Davide Quaranta


In Italia invece?
In Italia è dura, Milano deve giocare lunedì sera ma credo, e spero, che vincerà e raggiungerà Siena in finale. Una volta in finale io spero ovviamente che vinca l'Olimpia ma in particolar modo mi auguro di vedere una bella serie di finale, molto equilibrata. Devo ammettere che vedere una gara 7 in Italia non sarebbe niente male.


Ovviamente ringraziamo Danilo Gallinari e la sua famiglia, sono stati tutti davvero gentili nonostante la lunga e faticosa giornata a cui hanno preso parte. Ringraziamo tantissimo tutti i membri e i responsabili del Fan Club ufficiale del Gallo oltre che ovviamente Giovanni Zeni e Luca Malamacci, due persone che non smetteremo mai di ringraziare per aver permesso qualcosa di speciale, sicuramente più di una semplice intervista.

Nessun commento:

Posta un commento