di Luca Ngoi e Claudio Pavesi
Se c'è una vetrina decisiva per il Draft NBA dell'anno successivo quella è sicuramente il Torneo NCAA, dove i maggiori prospetti d'America sono attesi alla prova del nove dopo un anno di scrutinamento continuo da parte degli scouter del piano di sopra. Tutto ciò che si è fatto però durante la regular season rischia di contare poco se non supportato da un torneo di alto livello ed è per questo che, quasi alla vigilia dell'inizio di questa importante manifestazione Basketzone vuole farvi conoscere i giocatori che l'anno prossimo potremo vedere tra i professionisti, che siano di casa nostra (intesa come Europa) o della lega cestistica più famosa al mondo.
Questo speciale si divide in due "tronconi", uno con i cinque talenti più famosi al grande pubblico, che vedremo sicuramente in NBA a partire dall'anno prossimo, e l'altro con prospetti meno pubblicizzati ma che saranno sicuramente protagonisti tra i pro. Non esitiamo oltre dunque e passiamo in rassegna i primi cinque giocatori da tenere sott'occhio nella strada verso New Orleans.
ANTHONY DAVIS (Ala Grande, Kentucky, 14.3 ppg, 10 rpg, 4.6 blks): Ha infranto ogni record riguardo alle stoppate nell'ateneo per un giocatore al primo anno, ha vinto il titolo di giocatore dell'anno nella SEC e anche quando Kentucky ha faticato è riuscita a vincere grazie alla sua presenza interna davvero fondamentale. La sua è una storia particolare perchè fino al penultimo anno di high school era una guardia, poi la crescita improvvisa lo ha proiettato nella posizione di lungo, il che gli consente anche di tirare con una discreta efficacia nel medio raggio. Ha ancora qualche problema nella fase difensiva, ma i margini di miglioramento sono ampissimi, è molto probabile che possa essere la prima scelta assoluta al prossimo Draft.
HARRISON BARNES (Ala Piccola, North Carolina, 17.4 ppg, 5.2 rpg, 1 ass): Se si fosse dichiarato l'anno scorso sarebbe valso già una delle prime cinque scelte, figuriamoci quest'anno in cui ha nettamente incrementato le cifre messe insieme nel 2011, ad eccezione dei rimbalzi (5.8 nella scorsa stagione). Il ragazzo comunque è giocatore vero, completo, unisce un atletismo sopra la media a doti tecniche migliorabili ma già di altissimo livello. Il torneo potrebbe fargli compiere il decisivo salto di qualità al quale è atteso dopo una regular season da grande protagonista e un torneo della ACC in qualche maniera sotto tono. La chiave per lui è il tiro, già in ascesa (45.4 da 2, 37.7 da tre) e in miglioramento costante.
PERRY JONES (Ala Piccola, Baylor, 14.0 ppg, 7.7 rpg, 1.3 ass): Uno dei giocatori più completi e più pronti nel panorama del college basketball di quest'anno, Jones ha dovuto saltare le prime partite della stagione per una squalifica, ma appena è rientrato si è subito rivelato decisivo per i suoi Bears, che fanno di lui il perno principale della squadra. Anche qui l'unica pecca è il tiro da tre, ancora molto sotto i livelli di sufficienza per il piano di sopra, per il quale dovrà avere un tiro dalla lunga almeno accettabile, dato che difficilmente potrà giocare ala grande. Somiglia molto ad un Derrick Williams senza tiro, ma le doti atletiche sono quelle, sa giocare in post e ha l'entusiasmo e il dinamismo del grande giocatore. La differenza potrebbe farla, oltre al già citato tiro, anche l'attitudine difensiva per la quale non è ancora famoso.
THOMAS ROBINSON (Ala Grande, Kansas, 17.9 ppg, 11.8 rpg, 1,9 ass)
Thomas Robinson, leader assoluto di Kansas |
JARED SULLINGER (Ala Grande, Ohio State, 17.6 ppg, 9.3 rpg, 1.2 ass): Era in procinto di dichiararsi allo scorso Draft, in cui sarebbe stato, senza neanche parlarne, la prima scelta, ma la sconfitta al Torneo della stagione passata gli ha fatto decidere di rimanere un altro anno nell'Ohio per vincere. La sua determinazione ad arrivare fino in fondo nella competizione di quest'anno è dunque indubbia, mentre sono sorti diversi dubbi in più sulle sue capacità tecniche, soprattutto ad inizio anno un po' in ombra; col passare del tempo però le cose sono andate a posto e Sullinger è ritornato il solido e concreto giocatore che ricordavamo. Se lo si prende per essere un pezzo di una futura squadra vincente si è visto giusto, se viceversa lo si vuole come star dominante per i prossimi dieci anni si è sbagliato giocatore.
Finita la carrellata sui nomi più conosciuti passiamo ora ai giocatori più "di nicchia", grandi talenti finiti a giocare per piccoli college per scelta personale o per la cecità degli osservatori delle grandi università che non sono riusciti a vederne il potenziale. Non perdiamoci in parole e, come accade per la musica, abbandoniamo il mainstream e tuffiamoci nell'underground.
SCOTT MACHADO (Playmaker, Iona, 13.6 ppg, 5 rpg, 9.9 ass): Uno dei pochi giocatori di talento arrivati al quarto e ultimo anno, playmaker purissimo e non per niente in cima alla classifica degli assist, ciò non significa che non sia anche un buon realizzatore infatti tiene una media di quasi 14 punti a partita con il 49% da due e il 41% da tre punti. E' un po' piccolo per un futuro NBA, non arriva a 186 centimetri, ma come potete vedere dai suoi 5 rimbalzi di media è anche un giocatore molto fisico e con grande posizionamento. Machado è esploso al suo terzo anno in cui ha raddoppiato il numero di assist per partita mentre quest'anno, oltre a regalare ancora più assist, è diventato anche affidabile al tiro dalla lunga distanza ed è grazie a lui se Iona ha concluso la stagione con ben 25 vittorie e potrebbe ripercorrere la strada di VCU l'anno scorso arrivando fino alle Final Four.
DOUG McDERMOTT (Ala Piccola, Creighton, 23.2 ppg, 8.2 rpg, 1.1 ass): Senza dubbio uno dei giocatori più discussi e osservati in questa stagione, così tanto che sembra strano vederlo nei cinque giocatori "di nicchia". Bianco e poco atletico, una volta uscito dall'high school aveva ricevuto l'interesse solo di UCF tra le squadre di buon livello quindi la borsa di studio da parte di Creighton sembrava quasi un atto di carità da parte del padre, allenatore dei Bluejays proprio da quell'anno. Per sua fortuna la "raccomandazione" ha avuto più successo del previsto infatti già al primo anno ha avuto buone medie (15 punti e 7 rimbalzi di media) ma è in questo secondo anno che è esploso come si può vedere dalle medie già segnalate all'inizio a cui va aggiunto il 61% al tiro da due e il 50% da tre punti. Impressionante.
ROYCE WHITE (Ala piccola, Iowa State, 13.1 ppg, 9.2 rpg, 5.1 ass)
Genio e sregolatezza. Perchè? Questa sarebbe dovuta essere la sua terza stagione di college basket ma è la prima in cui può mettere piede in campo. Il primo anno aveva scelto di frequentare Minnesota ma, nonostante gli ottimi voti, venne messo fuori squadra per aver picchiato una guardia di sicurezza di un centro commerciale a seguito di un suo stesso furto di vestiti. Poco tempo dopo fu accusato anche del furto di un portatile da un dormitorio e decise di cambiare aria e trasferirsi a Iowa State ma Minnesota si rifiutò di rilasciarlo per cui fu costretto a saltare tutta la scorsa stagione per attendere il trasferimento, motivo per cui risulta ancora un sophomore. Royce resta un talento incredibile che comanda statisticamente la squadra in ogni categoria anche se deve migliorare nel tiro libero (49% dalla lunetta) e nel controllo di palla (3.9 le palle perse di media) ma nel complesso abbiamo davanti un possibile Lebron James anche perchè il fisico è già quello, 203 centimetri per 122 kg di puri muscoli.
RAY McCALLUM (Playmaker, Detroit, 15.6 ppg, 4.5 rpg, 3.9 ass): Un assist in meno di media rispetto alla scorsa stagione ma più punti e molta più leadership per un giocatore al secondo anno che fa della grinta e dell'aggressività la sua prerogativa come dimostrano i 4.5 rimbalzi, non pochi per un playmaker di 188 centimetri con pochi chili sulle ossa. McCallum come McDermott è allenato dal padre anche se la sua situazione una volta fuori dall'high school era ben diversa, Ray infatti era corteggiato da università di altissimo profilo come UCLA, Arizona e Florida tanto che nessuno poteva credere alle proprie orecchie quando disse di aver scelto Detroit, piccolissimo college della Horizon League, non certo paragonabile a Hollywood come numero di riflettori puntati. Ray però sta cambiando la storia del programma di basket di Detroit dopo appena due anni e, sapete una cosa? Detroit è al Torneo NCAA mentre UCLA e Arizona si limiteranno a guardarlo in televisione.
MATTHEW DELLAVEDOVA (Playmaker, Saint Mary's, 15.6 ppg, 3.3 rpg, 6.4 ass)
Il ragazzo ha di certo qualcosa di speciale, non è il tipico playmaker bianco tutto assist e tiro da tre punti, ha qualcosa in più, qualcosa che a Napoli chiamerebbero "cazzimma", una personalità forte e particolare, un generale che ha sempre le parole giuste per motivare i compagni come ha dimostrato nella finale del torneo della West Coast in cui ha vinto con i suoi Gaels il titolo contro Gonzaga. Un grande assist-man che però non ha paura di buttarsi nel centro dell'area per guadagnarsi qualche tiro libero, tra l'altro specialità in cui è letale, e non disdegna nemmeno il tiro da tre punti anche se è il campo in cui necessita di migliorarsi di più.
In tre anni ha già vinto due titoli della West Coast Conference, uno da MVP, e ha condotto i Gaels alle Sweet Sixteen del Torneo NCAA per la prima volta nella loro storia. Se non potrete guardarlo al Torneo NCAA tranquilli perchè Matthew è australiano e, anche se ha solo 21 anni, è già uno dei leader della sua nazionale quindi avrete occasione di osservarlo anche durante le Olimpiadi di Londra 2012.
SCOTT MACHADO (Playmaker, Iona, 13.6 ppg, 5 rpg, 9.9 ass): Uno dei pochi giocatori di talento arrivati al quarto e ultimo anno, playmaker purissimo e non per niente in cima alla classifica degli assist, ciò non significa che non sia anche un buon realizzatore infatti tiene una media di quasi 14 punti a partita con il 49% da due e il 41% da tre punti. E' un po' piccolo per un futuro NBA, non arriva a 186 centimetri, ma come potete vedere dai suoi 5 rimbalzi di media è anche un giocatore molto fisico e con grande posizionamento. Machado è esploso al suo terzo anno in cui ha raddoppiato il numero di assist per partita mentre quest'anno, oltre a regalare ancora più assist, è diventato anche affidabile al tiro dalla lunga distanza ed è grazie a lui se Iona ha concluso la stagione con ben 25 vittorie e potrebbe ripercorrere la strada di VCU l'anno scorso arrivando fino alle Final Four.
DOUG McDERMOTT (Ala Piccola, Creighton, 23.2 ppg, 8.2 rpg, 1.1 ass): Senza dubbio uno dei giocatori più discussi e osservati in questa stagione, così tanto che sembra strano vederlo nei cinque giocatori "di nicchia". Bianco e poco atletico, una volta uscito dall'high school aveva ricevuto l'interesse solo di UCF tra le squadre di buon livello quindi la borsa di studio da parte di Creighton sembrava quasi un atto di carità da parte del padre, allenatore dei Bluejays proprio da quell'anno. Per sua fortuna la "raccomandazione" ha avuto più successo del previsto infatti già al primo anno ha avuto buone medie (15 punti e 7 rimbalzi di media) ma è in questo secondo anno che è esploso come si può vedere dalle medie già segnalate all'inizio a cui va aggiunto il 61% al tiro da due e il 50% da tre punti. Impressionante.
ROYCE WHITE (Ala piccola, Iowa State, 13.1 ppg, 9.2 rpg, 5.1 ass)
Royce White attende l'ingresso in campo |
RAY McCALLUM (Playmaker, Detroit, 15.6 ppg, 4.5 rpg, 3.9 ass): Un assist in meno di media rispetto alla scorsa stagione ma più punti e molta più leadership per un giocatore al secondo anno che fa della grinta e dell'aggressività la sua prerogativa come dimostrano i 4.5 rimbalzi, non pochi per un playmaker di 188 centimetri con pochi chili sulle ossa. McCallum come McDermott è allenato dal padre anche se la sua situazione una volta fuori dall'high school era ben diversa, Ray infatti era corteggiato da università di altissimo profilo come UCLA, Arizona e Florida tanto che nessuno poteva credere alle proprie orecchie quando disse di aver scelto Detroit, piccolissimo college della Horizon League, non certo paragonabile a Hollywood come numero di riflettori puntati. Ray però sta cambiando la storia del programma di basket di Detroit dopo appena due anni e, sapete una cosa? Detroit è al Torneo NCAA mentre UCLA e Arizona si limiteranno a guardarlo in televisione.
MATTHEW DELLAVEDOVA (Playmaker, Saint Mary's, 15.6 ppg, 3.3 rpg, 6.4 ass)
Il ragazzo ha di certo qualcosa di speciale, non è il tipico playmaker bianco tutto assist e tiro da tre punti, ha qualcosa in più, qualcosa che a Napoli chiamerebbero "cazzimma", una personalità forte e particolare, un generale che ha sempre le parole giuste per motivare i compagni come ha dimostrato nella finale del torneo della West Coast in cui ha vinto con i suoi Gaels il titolo contro Gonzaga. Un grande assist-man che però non ha paura di buttarsi nel centro dell'area per guadagnarsi qualche tiro libero, tra l'altro specialità in cui è letale, e non disdegna nemmeno il tiro da tre punti anche se è il campo in cui necessita di migliorarsi di più.
Matt Dellavedova al comando dei Gaels |
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