domenica 26 febbraio 2012

Jeremy Evans e Kevin Love trionfano nell'All Star Saturday

di Luca Ngoi


Il consueto appuntamento del Sabato dell'All Star Game è tra i più attesi della kermesse di metà Febbraio, ma non certo per le esibizioni che aprono la serata, ovvero quella dello Shooting Stars, nel quale vecchie glorie NBA, giocatrici della WNBA e giocatori attuali si affrontano in una gara di tiro a squadre e quella dello Skills Challenge, nella quale sei stelle della Lega si danno battaglia (non esattamente all'ultimo sangue) in un percorso atto ad evidenziare le loro doti di ball handling e passaggio. Per la sola cronaca nella prima competizione è stato il Team New York, formato da Allan Houston, Landry Fields e Cappie Pondexter delle New York Liberty a trionfare in finale sul Team Texas guidato da un poliedrico Kenny Smith, visto finora nelle vesti di: commissioner del Rising Stars Challenge, partecipante allo Shooting Stars, presentatore ed intervistatore della gara delle schiacciate e telecronista (che poi sarebbe sempre il suo ruolo principale), insomma giornate piene quelle dell'ex Rocket. Nella seconda gara è stato invece Tony Parker a trionfare su Deron Williams, Kyrie Irving, John Wall e Russell Westbrook in un concorso come anticipato qualche riga fa non esattamente tra i più agguerriti, tanto che nella finale a tre sembrava quasi che i partecipanti giocassero a perderla, ma nonostante tutto c'è stato il tempo di vedere l'ennesima roboante schiacciata del week end di John Wall, pur completata al secondo o terzo tentativo.


Il volume dell'entusiasmo si è alzato durante il 3-point  Shootout, durante il quale Anthony Morrow ha pagato il suo tributo ad una leggenda di questo gioco come Drazen Petrovic, visto in NBA con la maglia dei suoi Nets, puntualmente indossata dalla guardia che però non è riuscita ad approdare in finale, nella quale a trionfare è stato Kevin Love dopo uno spareggio con Kevin Durant. Non ricorderemo questa gara per delle prestazioni balistiche clamorose, se è vero che Love per vincere ha totalizzato "soli" 17 punti, ben lontani dalle grandi prove passate di Jason Kapono, vincitore per due edizioni consecutive di questo concorso nel quale però trovare il ritmo in poco tempo è più che mai fondamentale ed un inizio più o meno convincente può risultare decisivo.
Come detto in apertura però il vero evento del sabato notte è sempre la gara delle schiacciate, nella quale si affrontavano Jeremy Evans, Paul George, Chase Budinger e Derrick Williams, giocatori giovani e in grado di saltare davvero in alto. Alla fine ad avere la meglio, grazie al nuovo formato che mette il responso in mano al pubblico di tutto il mondo che può votare attraverso il sito NBA.com, mandando sms o su Twitter (e come ti sbagli), è stata l'ala dei Jazz Evans, che ha cominciato piano salvo poi salire di tono con una schiacciata col doppio pallone saltando il compagno Gordon Hayward e mettendo su una discreta pagliacciata facendosi consegnare da un attore-postino la maglia del Postino per eccellenza: la leggenda dei Jazz Karl Malone e saltando poi il postino stesso in maniera piuttosto fragorosa, un siparietto chein giro per il globo potrebbe aver fatto la differenza per la sua vittoria finale. Da segnalare per gli altri la prima schiacciata di Chase Budinger, che ha saltato il famoso rapper e produttore P. Diddy su assist del compagno Chandler Parsons, non tanto per l'inventiva del gesto, ma quanto per la potenza della schiacciata; da ricordare poi, se non altro per la coreografia magniloquente la seconda schiacciata di Paul George, che ha spento le luci dell'Amway Center e, indossando una maglia speciale fosforescente è andato a schiacciare dopo un treesessanta, gesto al quale ha risposto lo stesso Budinger con un tributo a Cedric Ceballos, ex Phoenix Suns che schiacciò bendato, così come ha fatto l'ala dei Rockets che per l'occasione ha indossato la maglia del "Cedro" versione 1993. Insomma, per concludere, probabilmente questo slam dunk contest non passerà certo alla storia come il più bello di sempre, ma non si può dare la colpa a questi ragazzi che si sono impegnati per creare qualcosa di divertente e in parte ci sono riusciti: il problema è l'appeal che va dato all'evento, che senza grandi nomi verrà sempre criticato. Se solo Blake Griffin avesse accettato di difendere il titolo conquistato l'anno scorso siamo sicuri che i siti americani non definirebbero questo Slam Dunk Contest come "disastrous" (non c'è bisogno della traduzione) e se solo Lebron si avventurasse in questa sfida allora non si invocheranno più formati sbagliati e quant'altro. Serve una svolta, anche in queste "piccole cose" per far ri-decollare una Lega che ha dovuto attendere l'avvento di un taiwanese uscito da Harvard per ritrovare l'appeal perduto.

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