giovedì 2 febbraio 2012

NBA, i bilanci del primo mese parte 2: le squadre in rampa di lancio

di Luca Ngoi


Continua il nostro viaggio all'interno delle squadre NBA e delle loro situazioni dopo un mese e spiccioli di basket giocato. Dopo aver considerato le cosiddette "piccole" spostiamoci ad un livello superiore con alcune squadre che sono in rampa di lancio e, nella maggior parte dei casi, stanno anche mostrando un basket molto apprezzabile. Senza ulteriori indugi dunque andiamo a vedere la situazione di questi team uno a uno.

PHILADELPHIA 76ERS (16-6). Nessuno ad inizio stagione aveva fatto caso a questi ragazzi che, con un gruppo pressochè immutato e sotto la guida di Doug Collins, sta davvero stupendo tutti. I Sixers si stanno infatti imponendo in modo silenzioso, vittoria dopo vittoria e grazie ad un sistema di gioco che valorizza allo stesso modo tutti i giocatori a roster. Se consideriamo che il top scorer è il sesto uomo Lou Williams allora capiamo veramente l'essenza di questa Philly: uno per tutti, tutti per uno, come i tre moschettieri, solo che loro andranno ai playoff, e probabilmente faranno anche strada.

ATLANTA HAWKS (16-6). Stesso identico record di Philadelphia e anche la situazione della squadra è accomunabile. Gli Hawks infatti sono riusciti a superare ogni avversità, dalle critiche ad inizio stagione (ritmi troppo bassi, poco divertimento, Joe Johnson non è un vincente, Josh Smith è una testa calda, manca un playmaker) all'infortunio per tutta la stagione del centro titolare Al Horford. Tutto ciò sarebbe bastato per distruggere la stagione di qualsiasi squadra, ma non degli Hawks, che hanno saputo valorizzare al massimo il materiale umano a disposizione, facendo di Teague un point man affidabile e passando sopra all'infortunio di Horford, rimpiazzato con un sorprendente Pachulia. E poi sono riusciti a rivitalizzare McGrady. se non è una stagione fortunata questa...

INDIANA PACERS (15-6). Ecco una squadra che fino all'anno scorso sembrava essere entrata in un tunnel senza uscita e che invece, dopo l'esonero di coach O'Brien e l'arrivo dell'ex assistente Frank Vogel, ha saputo ricompattarsi attorno ad un gruppo formato da giovani molto più che interessanti (Collison e George sono le due pietre angolari su cui costruire un futuro) e ad un ex All Star come Danny Granger, che pare aver acquistato una mentalità vincente, utile a condurre i compagni attraverso le avversità che naturalmente si presenteranno ai playoff. L'anno scorso il coach e lo stesso team, dopo l'uscita al primo turno contro i Bulls (4-1 molto bugiardo) avevano promesso che sarebbero tornati più forti, una promessa che sarà sicuramente mantenuta.

PORTLAND TRAIL BLAZERS (13-9). La partenza era stata molto interessante, poi qualche sconfitta in fila ha ridimensionato gli animi di squadra e città. Nonostante tutto comunque il record è ancora promettente, e l'assunto acquista dimensioni ancora più interessanti, al limite del pittoresco, se consideriamo che prima dell'inizio della stagione la stella della squadra, Brandon Roy, si era ritirata per i cronici problemi fisici, e ancor prima l'ex prima scelta assoluta, Greg Oden, aveva subito l'ennesimo infortunio della carriera che lo costringerà a saltare anche quest'anno agonistico. Insomma, come gli Hawks anche i Blazers si sono dimostrati una squadra dal grande cuore e capace di far fronte a tutte le avversità. Con un LaMarcus Aldridge sempre più continuo e l'affidabilità di Jamaal Crawford dalla panchina superare finalmente il primo turno di playoff potrà essere qualcosa più di un sogno.

DENVER NUGGETS (14-7). Coach George Karl è un rivoluzionario. Ha infatti dichiarato che vuole riuscire nell'impresa di vincere un titolo senza la presenza di una stella a roster. I Nuggets infatti non hanno un vero e proprio leader dichiarato, ma come per i Sixers hanno dieci giocatori in grado di trascinare la squadra verso la vittoria in ogni singola partita. Da Gallinari (appena rinnovato e top scorer di squadra), a Lawson, a Nenè fino ad arrivare a Rudy Fernandez, tutti i Nuggets possono prendersi la squadra sulle spalle, giocano senza un playbook codificato e si affidano alle invenzioni di Ty Lawson e dei loro esterni, tutti creativi e dotati di grande atletismo. Ovviamente il tutto può assumere una connotazione positiva e una negativa, e forse a Denver non arriverà un titolo, ma i tifosi del Pepsi Center sono i meno annoiati dell'NBA, e qualche volta si tolgono anche qualche sfizio compiendo imprese random.

UTAH JAZZ (12-8). Alzi la mano chi a inizio stagione avrebbe scommesso sui Jazz, una squadra privata nell'annata precedente della propria stella (Deron Williams), di fatto affidata ad un'armata di ragazzi che sembravano lasciati al loro destino senza regole stabilite e con un coach (Tyrone Corbin) già sulla graticola senza aver nemmeno giocato una partita. Nessuno però aveva fatto i conti con il duo di lunghi formato da Paul Millsap e Al Jefferson, rivelatisi invece decisamente solidi e pericolosi anche per le migliori front line della Lega. Il fulcro della franchigia sono loro due, attorno ai quali ruotano Devin Harris e il sophomore (giocatore al secondo anno) Gordon Hayward, ala molto più solida di quello che si potesse pensare. Il rookie Enes Kanter, scelto alla numero 3, non ha ancora dimostrato quasi nulla, ma se dovessero arrivare ai playoff, o comunque tra le prime dieci ad Ovest potrebbero anche fare finta di niente.

LOS ANGELES CLIPPERS (13-6). Le difficoltà iniziali sono dovute ad una chimica ancora da affinare, ma l'intesa tra Blake Griffin (in foto, ndr) e Chris Paul è già ottima, come può testimoniare Kendrick Perkins. I Clippers hanno tolto i titoli dei giornali dalla metà gialloviola della città, e soltanto per questo la stagione da salvare, dopo anni e anni di angherie mediatiche e tecniche. I duelli stagionali vedono la contesa sull'1-1 (3-1 se si considera anche la pre season), ma la gara dello spettacolo non è nemmeno iniziata e le quote non sono neanche uscite. I playoff sono l'obiettivo dichiarato, e salvo squilibri saranno portati a casa, ma di qui a due anni, a patto che CP3 rinnovi il contratto che scade nell'estate del 2013, attenti ai "Velieri" anche in chiave titolo.

HOUSTON ROCKETS (12-10). Il cambio di coach, da Adelman a McHale, poteva essere traumatico, e invece l'ex ala dei leggendari Celtics ha saputo mettere insieme una squadra che gira attorno al grande realizzatore Kevin Martin, alla grande sorpresa Kyle Lowry (12.1 punti e 8 assist a gara), al rookie da Florida Chandler Parsons, stopper difensivo e presenza atletica, e infine ad un ritrovato Sam Dalembert. Il record è positivo ma ora come ora non basterebbe per i playoff ad Ovest, ma i Rockets saranno tra le squadre  che lotteranno fino in fondo per assicurarsi la tanto agognata ottava posizione, inoltre l'età media è tale da far sperare cose migliori per il prossimo futuro, magari con una scelta intelligente nel prossimo ricchissimo draft.

MEMPHIS GRIZZLIES (11-10). Siamo sicuri che con Zach Randolph abile e arruolato alla "pugna" il record sarebbe ancora questo? I Grizzlies, reduci dalla semifinale di conference agli scorsi playoff, avevano iniziato la stagione con grandi speranze, ma l'infortunio di Z-Bo e quello del playmaker Mike Conley hanno causato difficoltà inaspettate. Col rientro del point man da Ohio State però le cose in casa Memphis si sono ricombinate e la squadra ha ricominciato a girare, sospinta dalla crescita di Rudy Gay (viceversa sottotono nelle prime gare stagionali) e soprattutto a quella di OJ Mayo, sempre più a suo agio nell'uscire dalla panchina e "spaccare" le partite col suo impatto realizzativo. Randolph probabilmente non tornerà, e questo è un peccato, ma in queste condizioni per la squadra di coach Hollins lottare arduamente per i playoff è già un bel traguardo.

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