giovedì 30 agosto 2012

Cezar Guerrero lascia Oklahoma State e raggiunge Fresno State nel suo grande progetto


di Claudio Pavesi
Guerrero in azione con la sua ex squadra, gli OSU Cowboys.

Dopo una sola stagione a Oklahoma State l'interessantissimo point man Cezar Guerrero ha già deciso di cambiare aria. Dopo aver lasciato l'ateneo di Stillwater lunedì scorso non c'è voluto molto tempo per prendere una decisione, dopo una sola visita ufficiale a Fresno State per Guerrero è stato facile preferire i Bulldogs a Washington State, Long Beach State e New Mexico State, tre delle scuole che avevano bussato alla porta dell'ormai ex Cowboy. Cezar ha sempre detto di trovarsi molto bene a Oklahoma State e anche il coaching staff ha sempre creduto in lui tanto che quest'anno, con la partenza della stella Keiton Page dopo la sua stagione da senior, sarebbe diventato la point guard titolare di una squadra estremamente talentuosa e interessante come si può notare dalla presenza di potenziali NBA quali Le'Bryan Nash, Michael Cobbins e Brian Williams, a cui si aggiungono gli esperti del "lavoro sporco" sul parquet Markel Brown e Jean-Paul Olukemi.
Guerrero, californiano di Bellflower, torna così a casa per stare vicino alla madre, persona fondamentale nella vita di Cezar la quale si trova con problemi di salute. La prima stagione ai Cowboys si è conclusa con medie da 5.6 punti, 1.6 rimbalzi e 1.6 assist a sera con picchi anche da 29 punti, medie calate nel finale di stagione per problemi accademici, motivo per cui era stato anche sospeso nella sfida contro Baylor.
Risolti i problemi scolastici ha raggiunto i Bulldogs che si preparano dunque nel migliore dei modi per la loro prima stagione nella Mountain West Conference: oltre all'ex numero 1 di OSU infatti sono arrivati anche l'ex Kansas Braeden Anderson, l'ex talento di Kansas State Robert Upshaw e infine Allen Huddleston, ottimo nelle sue prime due stagioni a Pacific.

lunedì 13 agosto 2012

Chris Monroe torna in Italia: vestirà la maglia di Cantù

di Davide Quaranta 
Chris Monroe in maglia Edimes Pavia
Ci sono posti nei quali è sempre bello tornare, e l'Italia deve essere uno di questi per Chris Monroe, che vivrà la sua quinta reincarnazione italiana a Cantù.
La guardia da George Washington University ha deciso di rientrare nel bel paese, sposando il progetto della Pallacanestro Cantù, che vedrà la propria partenza il 15 agosto alle 18.00 presso la NGC Arena, che coinvolgerà, oltre ai "soliti" Mazzarino, Leunen, Scekic e Abass, anche Jerry Smith, Jeff Brooks, il lituano Cukinas, Joe Scott e Di Giuliomaria.
Agli ordini di coach Andrea Trinchieri arriva un giocatore ormai esperto (32 anni il prossimo 18 gennaio), che ben conosce la pallacanestro italiana, avendola assaggiata ormai per diversi anni, con risultati sempre positivi.
In maglia Pallacanestro Pavia trascina la squadra alla finale playoff contro la Scavolini Pesaro, siglando in gara 1 la tripla della vittoria all'Adriatic Arena, che porta i pavesi sull1-0. Dopo il pareggio in gara 2, Monroe esplode con 40 punti nella infinita gara 3, decisa solamente al secondo overtime.
Sulla scia delle prestazioni in maglia Edimes, il Basket Napoli decide di assicurarsi le prestazioni di Chris, che ben impressiona nel finale di stagione, non riuscendo però a portare la squadra ai playoff, ma arrivando nono nella classifica marcatori della Serie A (16.0 a partita)
Dopo una parentesi a Roanne, si trasferisce al Paok Salonicco. Nel 2010 avviene il suo terzo ritorno, con la firma per l'Olimpia Milano finalista scudetto (persa 4-0 contro Siena), dove comunque mostra buone giocate nello spazio (poco) che Coach Bucchi gli concede.
La stagione seguente veste la maglia della neopromossa Enel Brindisi, dove gioca solo 3 partite a causa di un infortunio.
Tutti i tifosi pavesi saranno sicuramente orgogliosi di vedere un idolo della tribunetta calcare i parquet di tutta europa e vestire la maglia storica di Cantù (con la quale disputerà anche l'Eurolega).
Anche Basketzone si unisce all'orgoglio pavese, augurando al giocatore le migliori fortune.
Good luck, Chris!

Team USA è ancora d'oro, ma onore alla Spagna

di Luca Ngoi


Sono state nuovamente le Olimpiadi di Team USA, che vogliate o meno aggiungerci un “Dream” all’inizio. Sta di fatto che lo strapotere a stelle e strisce è andato di scena anche a Londra, dimostrando che fino a quando scenderanno in campo quelli veri pensare a un piazzamento superiore al secondo posto per tutti coloro che non hanno scritto “USA” sulle maglie sarà quantomeno improbabile. Anche questa edizione dunque non ha fatto eccezione, con un cammino che ha visto Lebron e compagni attraversare senza grandi difficoltà sia la fase a gironi (nella quale hanno sofferto solo con la Lituania) sia la fase ad eliminazione diretta, nella quale hanno avuto la meglio dell’Australia prima e dell’Argentina poi prima di scontrarsi in finale con la Spagna.
Già, la Spagna di Sergio Scariolo, la squadra che più di tutte (insieme alla già citata Lituania) ha saputo stare in partita e giocarsela con quelli che possiamo tranquillamente battezzare come veri e propri marziani del campo da gioco. Le Furie Rosse hanno saputo calarsi immediatamente nel tipo di partita che avevano sapientemente preparato e che erano pronti a giocare da alcuni mesi. Gioco a metà campo, togliere la transizione e zona come se piovesse: questa la ricetta iberica per arginare gli americani, che nonostante tutte queste misure hanno sì faticato più del previsto, ma sono quasi sempre stati davanti, pur dando vita ad un match combattutissimo per più di tre quarti durante i quali le due squadre sono sempre state separate talvolta da uno, talvolta da due o tre punti ma sempre vicine nel punteggio: un vero e proprio spettacolo per i milioni di persone davanti alle tv di tutto il mondo, che hanno potuto gustarsi 40 minuti di basket giocato ad un livello tecnico e fisico appartenente ad un altro mondo.
Come passare sopra infatti alla classe infinita di Pau Gasol, MVP dei suoi, trascinatore ed interprete perfetto del ruolo di numero 4 del terzo millennio, capace di giocare spalle e fronte a canestro, dentro e fuori con una naturalezza che ti porta a definire facili cose al limite delle capacità umane. Buone notizie per i Lakers quindi, che ritroveranno uno spagnolo finalmente tornato ad un livello globale al quale non ci aveva sempre abituato durante questa stagione, in cui sono stati in molti a criticarlo per il suo atteggiamento un po’ “soft”, del quale però si sono perse le tracce in questi giochi, che hanno sancito anche (per restare in casa giallo viola) l’ultima partita con la Nazionale di Kobe Bryant, che ha dato l’addio alla maglia di Team USA così come farà di qui a pochi giorni anche coach K, del quale si sta ancora cercando il sostituto (Doc Rivers, John Calipari e Gregg Popovich sono tra i candidati più accreditati).
Per il resto abbiamo visto i soliti big: Durant a suo agio anche nel ruolo di leader maximo offensivo, Lebron che finalmente ha imparato a giocare anche per i compagni liberando le sue doti di passatore supremo e traendo comunque vantaggio a livello personale in attacco grazie a tagli fulminei ma precisi e semplici, ma insieme a loro sono stati decisivi i contributi (Kobe a parte) di Chris Paul con la sua sapiente regia, opportunamente alternata a quella di Deron Williams e ai lampi di atletismo di Russell Westbrook, che nel basket FIBA può tranquillamente ricoprire tre ruoli per doti fisiche e trattamento della palla. Da non dimenticare però anche gli Iguodala, i Chandler, persino gli Anthony Davis di questo mondo, che hanno saputo o dovuto mettersi nettamente in secondo piano per fornire un apporto più limitato e circoscritto ma in cui si sono comunque messi in luce come pedine efficaci.
Potrebbe essere stata l’ultima volta che abbiamo visto il vero Team USA, quello con le grandi stelle della NBA, perché si fanno sempre più insistenti le voci che a Rio i vertici americani siano convinti a portare una selezione formata da ragazzi under 23 ai quali dare una vetrina internazionale (forse la massima espressione a livello cestistico dopo le Finali NBA) e ai quali far mettere in bagaglio un’esperienza globale di gruppo come quella delle Olimpiadi, il massimo a cui un atleta di qualsiasi sport può aspirare. Ognuno è libero di pensarla come vuole a proposito di questa iniziativa, che lascia alcuni (me compreso) favorevolmente colpiti e altri più critici. Personalmente non credo che vedere all’opera ipotetici Kyrie Irving, Demarcus Cousins, Greg Monroe, Brandon Knight, Evan Turner, Stephen Curry (e l’elenco potrebbe continuare ancora) tutti insieme in un contesto diverso da quello NBA e che li metta a confronto con i migliori giocatori europei ed internazionali possa fare così male: si limiterebbero le scoppole tipo il +83 contro la Nigeria e la competizione sarebbe in generale più aperta, inoltre con il tecnico giusto in panchina, che sappia valorizzare nel modo giusto un gruppo di giovani ragazzi, sono sicuro che ci divertiremmo quasi in maniera eguale alla squadra con i Durant e i Lebron, ai quali diciamo comunque grazie: ci avete regalato l’ennesima prova del perché amiamo questo sport.

venerdì 10 agosto 2012

Clamoroso allo Staples: arriva Dwight Howard e si pensa al titolo; ecco i dettagli della trade


di Luca Ngoi

Alla fine è successo. Dopo più di un anno di voci, smentite, litigi, diatribe ecco l’acquisto a cui i Los Angeles Lakers miravano veramente: Dwight Howard. L’operazione si è svolta in tempo molto minore a quello che si poteva pensare. Era di ieri pomeriggio infatti la voce che Lakers e Magic si fossero rimessi attorno al tavolo per parlare della cessione del centro nativo di Atlanta, e stamattina (orario italiano) è arrivata la conferma a più voci (LA Times, Denver Post, Yahoo.com) dell’affare fatto.
Contrariamente a quello che molti (noi compresi) potevano pensare la trattativa si è conclusa su un quadruplo fronte Denver-Los Angeles-Philadelphia-Orlando muovendo ovviamente un carico di giocatori molto lungo, dunque cerchiamo di riepilogare brevemente i fatti prima di passare a un commento finale.  Denver si aggiudica l’ala piccola Andre Iguodala, attualmente impegnato a Londra con Team USA, e lascia andare in direzione Orlando Arron Afflalo e Al Harrington. I Magic stessi, oltre ovviamente ad Howard si privano anche di Jason Richardson che raggiunge Philly insieme ad Andrew Bynum, mentre in Florida oltre ai due ex Nuggets arrivano l’ex prima scelta dei Sixers Nikola Vucevic e l’attuale prima scelta Moe Harkless sempre da Philadelphia.
Un giro abbastanza contorto che, forse un po’ a sorpresa, non vede coinvolto Pau Gasol, che dunque resterà a Los Angeles formando con Howard una coppia di lunghi impressionante. I Lakers a questo punto si candidano serissimamente al titolo, potendo contare su un quintetto stellare formato da Steve Nash in regia, Kobe Bryant come realizzatore principale, Metta World Peace nel solito ruolo di difensore arcigno e la suddetta coppia di lunghi con lo spagnolo e DH12, che potenzialmente può andare a comporre un pick n roll devastante insieme al playmaker canadese. Ma le opzioni tattiche saranno pressoché infinite con uno starting five di questa qualità tecnica e fisica.
Nonostante ciò però permangono alcuni dubbi, almeno al sottoscritto. Numero 1: la profondità della panchina, che non vede ancora un vero e proprio sostituto per Howard, anche se il mercato è ancora lungo e sicuramente qualcosa sarà fatto per ampliare anche il reparto esterni che necessita di un cambio più credibile di Steve Blake nel ruolo di playmaker. Numero 2: l’intenzione di coach Brown di impostare un sistema d’attacco sul modello Princeton Offense, che prevede in sostanza tanti tagli backdoor e dei lunghi in grado di passare la palla ottimamente e al tempo stesso di giocare svariati minuti lontano da canestro. Probabile che nelle visioni dell’ex tecnico dei Cavs questo ruolo sarà ricoperto da Gasol, che è esattamente quel tipo di giocatore, ma con una squadra così piena di talento sarà realmente il caso di giocare un sistema così rigido e standardizzato? Visti gli ultimi acquisti potrebbe essere che Mike Brown si sia ricreduto, e che non andrà ad attingere a piene mani dal sistema inventato tanti anni fa da coach Pete Carril, ma una cosa è sicura, Princeton o non Princeton: il palazzo giallo viola sarà pieno dal primo all’ultimo giorno, con buona pace dei signori Buss.

sabato 4 agosto 2012

Pallacanestro Pavia, ecco il girone di C regionale


di Davide Quaranta






Sono online sul sito del Comitato Regionale Lombardo i gironi della serie C regionale, stagione 2012/13, che vedrà coinvolta anche la Pallacanestro Pavia, inserita nel girone C insieme alle seguenti squadre.

  • OPERA BASKET CLUB (MI) 
  • SPORTIVA BOFFALORESE (MI) 
  • PALL. CESANO BOSCONE (MI) 
  • CORNAREDO BASKET (MI) 
  • USD NERVIANESE (MI) 
  • PALL. CERRO MAGGIORE (MI) 
  • PALLACANESTRO PAVIA (PV) 
  • BASKETBALL GALLARATE (VA) 
  • CISTELLUM CISLAGO (VA) 
  • BASKET CASSANO MAGNAGO (VA) 
  • BASKET BOSTO VARESE (VA) 
  • BK VALCERESIO ARCISATE (VA) 
  • POL. DAVERIO (VA) 
  • G.S. CASORATESE (VA) 
  • CAMPUS VARESE (VA) 
  • SPORTLANDIA TRADATE (VA)
Il girone sicuramente non è dei più facili per la squadra di Coach Roberto "Cico" Sacchi, che affronterà squadre di grande tradizione in C regionale come Cerro Maggiore, Cislago e il Campus Varese.
La Pallacanestro Pavia è l'unica squadra della provincia, e dovrà sottoporsi a trasferte in quel di Varese e Milano, alla ricerca di una promozione che proietterebbe subito la squadra nuovamente in un campionato, seppur non della stessa caratura di Legadue e Adilettanti, nazionale.

mercoledì 1 agosto 2012

Basket olimpico, giorno 2: Team U.S.A, Russia e Spagna senza problemi. E Parker ha la Meglio su Ginobili

di Davide Quaranta


Si sono disputate ieri le partite del secondo giorno del torneo Olimpico di pallacanestro maschile, dalle quali sono emerse alcune certezze già sospettate prima dell'inizio dei Giochi.

La difesa russa ha soffocato l'attacco cinese
La prima partita di giornata ha visto una bellissima Russia sconfiggere agevolmente la Cina di Yi (73-54), apparsa troppo prematura in fase di costruzione di gioco, spesso favorendo gli ottimi meccanismi della squadra allenata da David Blatt. Per i Russi risalta la grande prestazione di Shved (16+6) e Kirilenko che, dopo i 35 della prima gara, torna sulla terra segnandone 16.



photo by: sports.yahoo.com
Nella seconda partita a programma, la Spagna di Scariolo ma senza Navarro (fascite plantare) ha avuto la meglio per 82-70 su una Australia che, contro le attese, si è dimostrata dura a morire, dando del filo da torcere agli iberici, che hanno dovuto dar sfogo a tutte le energie per vincere la partita.
 Con la grande energia fornita da Ibaka e San Emeterio (entrambi in uscita dalla panchina), la Spagna riesce a mettere il naso avanti dopo una  brutta partenza, spronata anche da un Pau Gasol chirurgico, autore di 20 punti. Al rientro dall'intervallo lungo è un altro giocatore NBA ha dare la scossa alla partita: Rudy Fernandez, che guidando il 12-0 di parziale in favore della Roja, mette a referto 17 punti, coadiuvato dai 12 di Marc Gasol. Il terzo periodo fà segnare un perentorio 26-10 che, di fatto, chiude la partita e, probabilmente, con l'abilità dei Gasol e il buon sistema difensivo messo in piedi da Scariolo, rende la selezione Spagnola la più accreditata per combattere il dominio statunitense.

Si rialza la Lituania, colpita nel vivo dalla bruciante sconfitta di due giorni prima subita contro una grande Argentina guidata da Ginobili, e lo fa battendo con un ottimo 72-53 la Nigeria.
I baltici si affidano alla loro asfissiante difesa che, unita alla stanchezza della selezione africana, sigla l'accelerazione decisiva, portando lo scarto oltre le 20 lunghezze. A tutto ciò si deve sommare la prova di Sarunas Jasikevicius, autore di 9 punti ed altrettanti assist, illuminando il parquet di Londra con una regia che spesso ci ha abituato a vedere in Eurolega.
Note positive arrivano comunque dai "verdi", con i 12 punti e 10 rimbalzi di Ike Diogu, mostrando una preparazione e una capacità fisica e atletica mostruosa, forse seconda solamente a quella statunitense.




La partita più affascinante è stata senza dubbio quella delle 20.00, nella quale Argentina e Francia si sono date battaglia per 40 minuti (all'interno del match c'era un po' di Italia, con Gigi Lamonica a dirigere l'incontro), dai quali sono usciti i transalpini, guidati da un Parker ritrovato dopo la prova incolore contro Team U.S.A all'esordio. Proprio TP è stato il miglior realizzatore dei Bleus con 17 punti, ma una grandissima mano l'hanno data i due centri Turiaf e Seraphin, abili ad imbrigliare Luis Scola, tenendolo a "soli" 16 punti e 8 rimbalzi. Bene anche Batum, autore di 14 punti, 7 rimbalzi e 3 assistenze, mentre all'Argentina è mancata la precisione dall'arco di Carlos Delfino, letale per la Lituania due giorni prima.

photo by: espn.go.com
Ultima partita di giornata è stata forse la più scontata da tante edizioni delle Olimpiadi a questa parte: Team U.S.A ha asfaltato la Tunisia, con il punteggio di 110-63 che lascia pochi spazi alle considerazioni di tipo tecnico. I migliori realizzatori sono stati Kevin Love e Carmelo Anthony, autori di 16 punti a testa, seguiti subito dai 13 e 10 rimbalzi di Kevin Durant. Buona impressione fatta anche da Davis, autore di 5 schiacciate, per un totale di 12 punti.
Tra le fila magrebine da ricordare la prestazione di Romdhane, autore di 22 punti e 4 assist, per quello che è, visto l'avversario, qualcosa di unico nella carriera del giovane tunisino.

Nella terza partita di giornata il Brasile ha sconfitto i padroni di casa della Gran Bretagna con il punteggio di 67-62. Per i sudamericani sugli scudi Splitter (21+8 rimbalzi) e Huertas (13+8 assist), mentre per i britannici brillano Clark, Freeland e Mensah Bonsu.


Rimanete collegati con Basketzone per i recap delle giornate del basket olimpico di Londra 2012.